domenica 14 novembre 2010

IL CORANO

Questo post è dedicato all'abbondante schiera dei cialtroni, che citano il Corano senza averlo mai letto. Un esempio illustre di tale originale tipo umano si è manifestato con una lettera al Direttore del Giornale di Vicenza, Tal Toffoli di Verona, il quale tra le altre sciocchezze si è chiesto perchè mai l'Arcangelo Gabriele abbia rivelato un libro sacro ad un "Carneade" come Maometto, che l'avrebbe scritto dopo essersi risvegliato da una "pennichella". Naturalmente ci auguriamo che dopo aver letto il bellissimo saggio di Khaled Fouad Allam, docente di Sociologia del mondo mussulmano presso le università di Trieste e Urbino.

LEGGERE E RILEGGERE IL CORANO
Il Corano è, oggi più che mai, invocato da centinaia di milioni di fedeli. Se molto si è scritto sul testo coranico, nel mondo occidentale esso rimane tutt'ora quasi completamente sconosciuto; e la situazione contemporanea rende ancor più difficile individuarne un corretto metodo di lettura, dal momento che oggi esso viene chiamato a legittimare linee di condotta, fondare aspirazioni collettive e nutrire speranze.
Esiste un universo complesso delle scienze coraniche, in particolare la ricca tradizione del commentario coranico, il "Tafsìr", che aiuta la comprensione e lo studio della parola di Dio. Per un musulmano infatti prima di essere un libro diviso in 114 capitoli (sure), il Corano è essenzialmente la Parola Divina discesa nella celebre notte chiamata "la Notte del Destino". Recita la sura 97, Il Destino:
"Abbiamo mandato il Corano dall'alto nella Notte del Destino. Lo sai cos'è la Notte del Destino? La Notte del Destino vale più di mille mesi! In essa gli Angeli e lo Spirito discendono con gli ordini del Signore intorno ad ogni cosa".

In questa sura si rivela gran parte dell'universo psicologico dell'Islam. Ciò che definisce nel modo più pertinente la relazione fra il musulmano e il testo coranico, relazione che ne segna l'intera esistenza, è la nozione di meraviglia, che non va intesa come categoria neutra: non si tratta infatti di sconcerto e nemmeno di frattura nell'identità dell'individuo. Si tratta piuttosto di uno stato d'animo permanente che rimanda a categorie fondamentali della teologia islamica: in primo luogo alla nozione di mistero (ghaib) perchè per il musulmano il Dio unico si rivela nella parola, che in ogni cosa rivela ogni cosa, e l'atto della rivelazione avviene solo in quanto permane la sostanza del mistero.

Nell'Islam Dio non si può conoscere, ma Egli attesta il suo essere nel mistero della vita e nel mistero dell'ordine dell'universo e del suo apparente disordine: la rivelazione è essenzialmente testimonianza di una unicità che si manifesta nel molteplice, e di una molteplicità che non rivela mai tutto il suo segreto, perchè non è possibile conoscere il mistero. La struttura sintattica della parola coranica rimanda al mistero che avvolge l'esistenza umana. Per capire le conseguenze di questo concetto della spiritualità islamica occorre andare ad un testo fondamentale, "Le illuminazioni della Mecca" del grande filosofo andaluso Ibn Arabi, morto nel 1240 d.c.

"Tuffati nell'oceano del Corano, che non ha paragoni se sei dotato di ampio respiro. Altrimenti limitati allo studio dei libri, dei commentari, nel significato esteriore; non tuffarti perchè rischieresti di perire, perchè il mare  oceanico del Corano è profondo. Se il tuffatore non avesse visto i luoghi vicino alla riva, non sarebbe mai risalito per voi. I profeti e i loro eredi, custodi della scienza profetica, sono coloro che si recano in quei luoghi per misericordia verso l'universo".

Il Creatore è colui che ci illumina attraverso la sua rivelazione, che ci mostra il percorso e attrae l'intera comunità verso una luce che ci illuminerà completamente quando corpo e anima si separeranno.
Il fascino che il Corano esercita deriva dal fatto che esso è parola di un Dio che si rivela ma non si lascia conoscere. Ogni anno nel ventisettesimo giorno del mese di Ramadan, l'intera comunità musulmana commemora la Notte del Destino che ricorda l'eccezionalità della rivelazione e la sua inimitabilità. L'inimitabilità della parola coranica diventa base di tutto il sistema religioso islamico; nella sura 17 ("Il viaggio notturno") il Corano recita:

"Se si mettessero insieme gli uomini e i Genii per produrre qualcosa di simile al Corano, non ci riuscirebbero nonostante i loro sforzi congiunti".

Il Corano nasce in lingua araba che nell'Islam è considerata lingua sacra. E' difficile per un non musulmano capire l'emozione che può suscitare la lettura o la recitazione della parola coranica: questa parola è Dio che si rivolge direttamente al credente (Muslim) o alla comunità dei credenti (Umma). La parola coranica è strettamente connessa a ciò che si significa la relazione con Dio per i musulmani: l'universo simbolico che si snoda nelle strutture della lingua araba costruisce una visione del mondo. Capire e leggere il Corano in una lingua europea richiede di uscire dalle categorie tradizionali della struttura del racconto e della storia per spostarsi entro un orizzonte che può disorientare il lettore occidentale, che può spingerlo verso nuove riflessioni perchè il Corano non è un testo ma una parola che sottende il mistero.

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