Uno dei pregiudizi più diffusi contro l'Islam è certamente quello riguardante il tema della poligamia. Nell'era delle democrazie sembrerebbe evidente che se un uomo vale una donna e una donna vale un uomo, nulla potrebbe simboleggiare meglio l'uguaglianza dei sessi del matrimonio monogamico. La poligamia sembra così legata a concezioni arcaiche o a società primitive da tempo sorpassate o residuali.
Affrontiamo perciò il tema della poligamia esistente nell'Islam cercando di comprendere ciò che essa rappresenta nella realtà, astenendoci nella misura del possibile da apprezzamenti fondati su valutazioni astratte e superficiali, invece che su un giudizio basato sulla funzione reale dell'istituzione poligamica e sulle qualità specifiche dell'uomo e della donna.
Per intere generazioni gli esseri umani, per millenni e millenni, la poligamia è stata percepita come una pratica naturale che sarebbe stato assurdo mettere in discussione. Occorre quindi affrontare il tema con uno sforzo che ci permetta una riflessione critica che metta da parte giudizi troppo affrettati legati alla mentalità occidentale e sforzandoci di studiare la questione con uno sguardo obbiettivo e razionale.
L'Islam autorizza effettivamente la poligamia:
"...E se tenete di non essere equi nei confronti degli orfani, prendete allora delle mogli, due, tre o quattro tra le donne che vi piacciono; ma se tenete di non essere giusti, allora prendetene una sola" (Cor. IV, 3).
Il Profeta aveva incoraggiato i suoi compagni a farsi carico degli orfani integrandoli nelle loro famiglie. Questa azione umanitaria, tuttavia poteva rappresentare un peso eccessivo per una coppia monogama, così come spiega il sapiente Muhammad Hamidullah: "Se si prendono degli orfani per incorporarli alla famiglia una sola moglie non riesce a provvedere alla famiglia allargata; e allora si possono sposare altre donne fino a quattro".
E' questa la prima volta che una religione pone restrizioni al numero delle mogli. Non vi è nessuna restrizione di questo genere nè nell'Antico Testamento nè nel Nuovo Testamento. I fondatori del Protestantesimo (Lutero, Melantone, Zwngli) hanno dedotto dal Vangelo di Matteo il carattere lecito della poligamia nel Cristianesimo. Wespermarck sottolinea che, al tempo di Carlo Magno anche i preti cristiani praticavano la poligamia. Del resto i Profeti citati nella Bibbia erano quasi tutti poligami.
Il fatto che oggi il concetto di matrimonio monogamico venga assimilato al Cristianesimo è del tutto arbitrario. Il passaggio che tratta della monogamia nel Nuovo Testamento e nei maestri della Chiesa riguarda un obbligo limitato ai vescovi e ai diaconi (così in Timoteo: "Vescovi e diaconi devono essere sposati ad una sola donna, ma nessun membro della comunità cristiana è tenuto a restare monogamo").
Un secondo punto da sottolineare riguardo alla poligamia è che l'Islam non impone agli uomini di vivere secondo regole che non sarebbero capaci di rispettare. L'Islam non riconosce alla natura umana più virtù di quanta ne possieda. Invece di imporre una monogamia teorica, dietro la quale si cela l'adulterio, la legge ha autorizzato la poligamia limitandola ed autorizzandola. Solo menti perverse possono giudicare negativamente la poligamia che legalizza una situazione di fatto e, nello stesso tempo, ammettere che gli uomini possano avere avventure extra-coniugali nella ombra e nell'illegalità. Quale situazione è più vantaggiosa per una donna? Essere presa come amante e lasciata a seconda dei vari incontri in modo del tutto casuale, oppure, in conformità a disposizione di legge, essere a carico di un marito ufficialmente riconosciuto e responsabile? E quale tra queste due attitudini è propria di coloro che considerano la donna un essere prezioso di cui non si può abusare e al quale gli uomini devono rispetto? L'attitudine consistente nel godere e nell'approfittare liberamente e senza impegno di una donna che può essere abbandonata in ogni momento, con l'attitudine di coloro che ritengono che l'uomo non ha diritto a questo godimento se non dimostra attraverso il matrimonio l'intenzione di fondare una famiglia e la capacità di provvedere ai bisogni materiali di essa?
L'adulterio e la fornicazione sono diventati in occidente pratiche tanto correnti da farci pensare che pochi ammetteranno questo ragionamento, mentre altri squoteranno la testa immaginando una coppia ideale, che vive un amore esclusivo, assoluto ed eterno. Nessuno si ferma a considerare quante donne tradite e ingannate sono vittima della cosiddetta "liberazione dei costumi", e quante donne divorziate, vedove sole, o anziane dimenticate vivono in una società che non offre loro nessun calore umano a partire dal momento in cui, non essendo più in grado di essere donne a tutti gli effetti, sono tagliate fuori dal commercio del sesso.
A favore della poligamia possono essere portati ulteriori argomenti:
1 - L'argomento naturale: la donna, dopo la menopausa, non può più avere figli. L'uomo, invece può diventare padre fino a un'età molto avanzata: la natura gliene offre i mezzi, e impedirgli di usufruire delle sue risorse significa andare contro l'ordine voluto dalla natura.
2 - L'argomento democratico: la popolazione femminile tende a sovrastare nettamente quella maschile. Che cosa fare delle donne in eccedenza e che restano senza marito? Se si escludono la prostituzione e l'adulterio, l'unica soluzione ineccebile dal punto di vista morale può essere solo la poligamia.
3 - Ai due argomenti fin qui ricordati vorremmo aggiungere la visualizzazione di una carta geografica che evidenzia la diffusione nel mondo dell'Aids: in qualsiasi carta prevale purtroppo il rosso nelle sue varie gradazioni: solo i paesi che praticano l'Islam, il colore è quello bianco, la percentuale di Aids in questi paesi è prossima allo zero.
Vogliamo concludere il discorso sulla donna nell'Islam riprendendo l'argomento con il quale avevamo iniziato e cioè il tema del velo islamico. A proposito di questo vogliamo mettere in evidenza il fatto che esso costituisce un obbligo che si trova alle origini delle 3 religioni cosiddette monoteiste. La donna ebrea sposata deve portare il velo e coprirsi interamente i capelli. Nel Nuovo Testamento Paolo di Tarso pronuncia queste parole: "Se una donna non si mette il velo, si tagli anche i capelli. Ora, se è cosa vergognosa avere i capelli tagliati o essere rasata, allora si copra il capo con un velo".
Il Corano enuncia l'obbligo del velo femminile in 2 passaggi:
"Dì alle credenti di lasciar scendere i loro veli fino al seno". (Cor. XXIV, 31)
"O Profeta dì alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi con i loro veli: è per esse il miglior modo per farsi conoscere e per non essere offese". (Cor. XXXIII, 59)
Una hadith del Profeta riportato da Abu Dawud precisa il senso di questi versetti: "A partire dal momento in cui una donna ha la sua prima mestruazione, è opportuno che si veda di lei soltanto il volto e le mani".
Se ci atteniamo ai testi del Corano e della Sunna, la questione che di recente ha suscitato in tutto l'occidente molteplici polemiche non si presta ad alcun equivoco. La donna musulmana che sceglie di portare il velo non è "un'integralista fondamentalista" ma, semplicemente una musulmana praticante. Proibire ad una persona di praticare la sua religione significa manifestare un'intolleranza degna del fanatismo medievale che ha devastato l'Europa quando l'Islam prosperava e accoglieva i rappresentanti perseguitati delle altre religioni, a cominciare dagli ebrei.
Il velo non è un simbolo di asservimento della donna all'uomo, la musulmana sceglie liberamente alle indicazioni coraniche e alle raccomandazioni del Profeta. Essa obbedisce in questo modo a Dio, e da ciò deriva la sua autentica libertà, perchè decide in tal modo di rifiutare ogni altra dominazione. In società che manifestano apertamente la loro ostlità all'Islam il velo è una sfida all'ignoranza e all'intolleranza e per le donne musulmane credenti una prova di coraggio, di indipendenza e di determinazione.
La laicità dovrebbe significare che tutti i membri di una comunità sono liberi di esprimere le loro convinzioni in uno spirito di rispetto reciproco e senza costrizioni. Nell'Islam il velo è il segno del rispetto da parte della credente ai comandamenti di Dio. Impedire a una giovane liceale di esprimere la sua condizione costringendola a togliersi il velo equivale a ripetere il gesto della spietata inquisizione ed equivale ad arrogarsi il diritto di forzare l'altrui coscenza; e mette in evidenza come la libertà di cui si parla tanto spesso si limita in realtà a queste belle ed ipocrite parola: "Siete liberi di essere liberi a modo mio", mettendo in mostra i sottoprodotti di una cultura la cui moneta corrente è il sesso, la violenza e il denaro. La donna-oggetto, esposta agli sguardi di tutti, preoccupata più del suo aspetto esteriore che del suo cuore, è sottoposta ad una forma di schiavitù più subdola di quella che gli intellettuali laicisti pretendono di rintracciare nell'Islam, del quale non conoscono nulla.
La violazione della libertà, soprattutto di quella religiosa, in nome della libertà, è una delle tante falsità della cosiddetta cultura occidentale; ma a dispetto dei "laicisti" l'Islam rimarrà in ogni caso una scuola di saggezza e tolleranza:
"Non c'è costrizione nella religione". (Cor. II, 256)
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