martedì 16 novembre 2010

L'INFLUENZA DELL'ISLAM SULLA CULTURA EUROPEA

Il Profeta Muhammad in uno dei suoi "Hadith" (frasi e pensieri del Profeta tramandati dai suoi amici e discepoli) ha avvertito che non sempre è agevole intendere la parola di Dio con le orecchie della ragione perchè esse possono ingannarti... "e allora affidati a quella del cuore, perchè esse sono soltanto tue e non possono mentirti".
Il tema che qui vogliamo sviluppare in modo necessariamente schematico riguarda "le ragioni della mente" e cioè di quelle che sulla base della mia ricerca, non ultima causa della mia conversione all'Islam, mi sono apparsi come i maggiori contributi della cultura islamica alla civiltà europea e cioè delle
RADICI ISLAMICHE DELL'EUROPA.

I - CONTRIBUTI ALLA SCIENZA E ALLA FILOSOFIA

Nel Corano si legge che Dio ha fornito all'essere umano una qualità che neppure gli Angeli possiedono: IL DESIDERIO DI CONOSCENZA, che deve dispiegarsi sull'opera del Creatore, l'universo, la terra e tutte le sue creature. La scienza rivela all'intelletto umano quel che nella realtà sensibile non è immediatamente percepito; essa è un dovere verso il Creatore: per questo, nell'Islam la scienza è sempre stata libera: non vi è stato mai un caso "Giordano Bruno", condannato al rogo per aver sostenuto tra l'altro che esistono più mondi: la prima sura del Corano riporta uno dei titoli attribuiti a Dio, "Rabbi Alamin", "Signore dei mondi".
Non vi è mai stato un caso "Galileo", che e il rogo lo ha rischiato per aver sostenuto la tesi copernicana "la terra gira con gli altri pianeti intorno al sole". Gli astronomi arabi avevano intuito tale verità già da qualche centinaio di anni.
Grazie a tale atteggiamento spirituale, oggettivamente razionalistico anche se sorretto dalla fede nell'unico Dio, la scienza araba è sempre stata rivolta a risultati pratici al servizio dell'uomo. Gli Arabi a misura che procedevano le loro conquiste e le loro avanzate, prevalentemente incruente, furono una specie di carpa assorbente culturale di tutte le culture che incontravano.
Le biblioteche siriane e persiane e quel che restava della grande biblioteca di Alessandria d'Egitto, incendiata dal fanatismo dei seguaci del vescovo Cirillo, furono meta di legioni di traduttori di varie religioni, ma tutti "arabofoni", che tradussero dal greco i trattati ellenistici di Galeno e di Dioscuride e ne arricchirono i contenuti con le acquisizioni raccolte in India e persino in Cina.
I trattati di grandi figure come l'arabo cristiano Husain Ibn Ishar e come i medici raccoltisi nella Grane Casa della Sapienza di Baghdad, il più famoso dei quali fu il poliedrico Ibn Sina (Avicen), non si limitarono a tradurre e a scrivere opere monumentali ma ne calarono i contenuti in maneggevoli manuali pratici al servizio di scuole locali e di un'organizzazione sanitaria che si articolava in ambulatori diagnostici e in veri e propri ospedali come luoghi di degenza: in questi ultimi vi erano reparti specialistici per i malati di mente che venivano curati soprattutto con la musica.
Scarso sviluppo ebbe la chirurgia, a parte quella oculistica legata alla tragica diffusione del tracoma; le terapie puntavano sulla farmacopea vegetale e sugli elementi "semplici" dell'alchimia. I medici arabi comunque tolsero ogni carattere magico alle loro attività e furono i primi a mettere a fuoco il concetto di contagio delle malattie infettive e a costruire luoghi di quarantena; e fu un medico arabo, Ibn-al-Nafis, a scoprire la circolazione sanguigna polmonare, 500 anni prima di Miguel Servet; e fu sempre un medico arabo a rielaborare il testo che i medici conoscevano come "Giuramento di Ipocrate".
Da notare che, mentre l'Europa cristiana seguitava a considerare "apostata" il Profeta Muhammad ed eretici ed infedeli i "Saraceni", la medicina araba rimase egemone nei paesi europei in specie Venezia, Francia e Inghilterra, almeno fino al XVII secolo.
Lo sviluppo della medicina si avvalse del contributo di una scienza praticamente nuova, l'alchimia, intesa come studio delle caratteristiche e della composizione degli elementi. Nello sviluppo di essa ebbe un ruolo decisivo l'invenzione dell'alambicco (parola araba) che consentì i processi di distillazione, di reazione e di combinazione. Fra gli alchimisti arabi va ricordato Jabir-Ibn-Hayyan, autore di una "summa" perfectionis sulla teoria dei metalli che, prospettandosi come un'alternativa alla concezione aristotelica, animò un dibattito che si protasse fino alla rivoluzione della chimica moderna di Lavoisier alla fine del '700. Da notare che mentre gli alchimisti arabi esercitavano liberamente le loro ricerche, gli alchimisti europei seguitarono a rischiare il rogo per stregoneria.
Al consolidamento della scienza araba contribuì la nascita di grandi università multidisciplinari ad impostazione laica, con docenti arabi, cristiani ed ebrei: le più prestigiose furono quella di Baghdad, Damasco, Il Cairo (Al-Azhar), Kairouan, Fez e, in Spagna Toledo, Cordoba e Siviglia: centri di studio ben diversi dai consimili europei che privilegiavano lo studio del diritto e della teologia e avevano bisogno per nascere ed essere lecite di una bolla di fondazione rilasciata dal papa. E le università furono anche gli strumenti per lo sviluppo della matematica e dell'astronomia islamiche, i cui effetti non hanno cessato di influenzare il sapere fino ad oggi.
Speciale importanza acquistò l'università spagnola di Toledo, dove si recarono studiosi di varia origine e religione, fra i quali Abelardo di Bath. Si deve a lui la traduzione dall'arabo delle tavole astronomiche di Mohammed-Ibn-Musa Al-Khuwirismi. Grazie a quest'opera si diffusero in tutta Europa a partire dall'XI secolo i termini "algebra" e "algoritmo", i metodi di soluzioni di equazioni di terzo grado e, soprattutto i numeri che furono detti "arabi". L'adozione di questi, nell'esecuzione dei calcoli (Al-Gabr) apparve molto più vantaggiosa di quella dei numeri romani, adatti solo per operazioni elementari con risultati positivi. La struttura dei numeri romani, privi oltretutto dello zero (introdotto dagli arabi) non aveva mai reso possibile affrontare il variegato panorama della scienza matematico-geometrica dell'antica Grecia.
Applicando la nuova matematica all'astronomia, gli scienziati islamici, non vincolati dalle imposizioni di una chiesa gerarchica rigida e severa nella lettura dell'Antico Testamento, affrontarono con spirito nuovo lo studio della natura e dell'universo e, in particolare, avviarono una serrata critica alla concezione elio-centrica di Tolomea: premessa questa, per le grandi novità di Copernico, di Koplero e di Galileo. Quest'ultimo perfezionò uno strumento ottico già empiricamente costruito da Averrhoè e noto con il nome di cannocchiale.
Un indicatore dell'interesse del mondo culturale europeo per la matematica araba, di cui vennero tradotti centinaia di testi, non si esaurì nel XII, ma andò avanti nei secoli successivi e influenzò la cultura europea ben oltre il XVII secolo.
Uno strumento ci consente di comprendere come la cultura araba sia stata egemone per almeno 800 anni: la linguistica.
La lingua araba fu in tale arco di tempo l'equivalente della lingua inglese ai giorni d'oggi. Parole arabe divennero di uso comune nella matematica, nell'astronomia, nella chimica: oltre ai ricordati termini come algebra, alchimia e alambicco, aggiungiamo le parole zenith, nadir, azimuth, alcol, aldeide. L'organizzazione del commercio internazionale usò quasi esclusivamente termini derivanti dall'arabo come tariffa, dogana, darsena, arsenale, magazzino. Anche l'agricoltura mutuò dall'arabo parole come albicocca, zucchero, caffè, zenzero, sesamo, pesca. Numerosi capi di vestiario e di arredamento sono di origine araba: cuffia, camicia, zimarra, barracano, taffetà, tappeto.
Viene infine in considerazione l'influenza che i filosofi arabi esercitarono, attraverso il recupero e la traduzione dei testi della filosofia greca, in particolare di Platone e di Aristotele, ma anche con le loro speculazioni originali. Viene per primo in considerazione Abdul-Al-Kindi e la sua "filosofia prima", con la quale egli cerca di introdurre nel rigoroso monoteismo islamico non tanto l'idea aristotelica del Dio "motore immobile e puro intelletto", ma la concezione neo-platonica di Dio come creatore/animatore di un processo cosmico ininterrotto che coinvolge e fa partecipare tutti gli esseri all'Uno. In Al-Kindi la Ragione, attributo strumentale di Dio nell'atto creativo si proietta illuminandola sull'anima umana, strumento di conoscenza in quanto "orizzonte teso" tra mondo sensibile e "mondo intelleggibile".
Abu Nasr Al-Farabi si caratterizza per il recupero della concezione politica della Repubblica di Platone mentre i due maggiori filosofi arabi Avicenna e Averrhoè, producono elaborazioni che saranno di base sia della Scolastica di segno aristotelico, sia della successiva elaborazione di marca neo-platonica dominante nel rinascimento italiano (Pico Della Mirandola, Giordano Bruno). Per Avicenna Dio è il "mecesse est", l'esistente necessario in cui esistenza ed essenza coincidono; Averrhoè enuncia la straordinaria tesi "laica" e "illumista" secondo la quale la verità filosofica non è alternativa a quella religiosa ma si serve di un linguggio più raffinato e di un ragionare per concetti al fine di veicolare la medesima verità agli uomini di scienza e a quelli comuni.
Non ci dilunghiamo oltre su argomenti che richiederebbero tempi maggiori: ricordiamo solo che senza il commento di Averrhoè ad Aristotele difficilmente avremmo avuto la summa di San Tommaso e la stessa Divina Commedia di Dante così come, in altro campo, non ci sarebbe stato il Decameron di Boccaccio senza l'antecedente arabo-persiano delle "Mille e una notte".
Consigliamo comunque, per approfondire il tema che stiamo trattando, la lettura della Storia del Medioevo curata da Umberto Eco e pubblicata recentemente in 12 volumi.

II - LA TOLLERANZA

Su questo tema, oggetto di falsificazioni da parte di quanti sognano devastanti guerre di civiltà o degli imbecilli che, in nome della Croce, magari celtica o uncinata, gridano "No Islam!", così come i loro antecenti scrivevano "Juden Raus!". Sul tema della tolleranza nell'Islam cito testualmente un brano del teologo svizzero cristiano Hans Kung ("Islam: passato, presente e futuro" Ed. Rizzoli 2006):
"... Anche per quel che riguarda la questione della tutela delle minoranze, il bilancio che possiamo trarre dalla storia della chiesa cattolica presenta molte zone d'ombra, Essa infatti da Chiesa di perseguitati si trasformò presto in chiesa dei persecutori: nella chiesa post-costantiniana fu considerata un crimine contro lo stato; il nemico della chiesa venne considerato anche nemico dell'impero e condannata in modo esemplare e feroce; nel 385 d.C. a Trier ebbero luogo le prime esecuzioni di eretici cristiani. Durante il medioevo l'Inquisizione, un nome che evoca terrore, scrisse le pagine più buie della storia della chiesa; la prima crociata venne condotta contro i musulmani di Palestina e si macchiò di massacri e stragi spaventose, ma la terza crociata venne condotta contro altri confratelli cristiani, i Catari albigesi della Francia meridionali, uccisi a centinaia di migliaia; successivamente la percusione di donne "eccentriche" in senso religioso, fisico e sociale, condusse decine di migliaia di persone innocenti alla morte sul rogo con l'accusa di stregoneria; ma tutte le crociate contro i musulmani sono state un capitolo importante della storia criminale del cristianesimo.
Non dimentichiamo inoltre gli orribili massacri contro gli ebrei in Francia, in Remania e in Boemia, e aggiungiamoci i milioni di morti provocati nel nuovo mondo nel corso delle conversioni forzate dei pagani.
In confronto alle autorità ecclesiastiche e politiche della cristianità, l'Islam fu sempre più tollerante: alle minoranze cristiane ed ebraiche dei paesi conquistati dall'Islam lo status di "Dimmi" permetteva ad essi si svolgere un vita dignitosa che salvaguardava il diritto di proprietà e la libertà di religione, oltre all'esercizio di attività didattiche  e, in certi casi anche politiche. Niente al confronto di quel che fece durante la fase della Reconquista spagnola l'Inquisizione che uccise anche qui decine di migliaia di Ebrei bruciandoli sul rogo e che impose nel 1492 l'alternativa battesimo o immigrazione, costringendo così centomila ebrei ad abbandonare paese e a trovare rifugio nei paesi musulmani. Nel secolo successivo la stessa alternativa venne posta a circa un milione di Moriscos (arabi convertiti) che vennero completamente sterminati sotto il regno di Filippo II.
L'impero ottomano promosse invece la tolleranza e l'accoglienza anche in epoche successive. Le minoranze e i dissidenti cristiani scelsero molto spesso di vivere sotto la dominazione musulmana anzichè entro i confini dell'impero bizantino e asburgico per paura delle persecuzioni dei loro fratelli cristiani: e questo spiega perchè nella ex-Jugoslavia vi sono circa due milioni di musulmani bosniaci, che altro non sono che serbi convertiti all'Islam.

III - IL RIFIUTO DEL RAZZISMO

"Dio ha creato l'uomo e la donna da un solo corpo ed ha assegnato alla loro progenie il compito di popolare la terra con tribù, nazioni e popoli tutti discendenti dalla propria coppia; pur differenziandosi per lingua e per coloro di pelle essi avranno la stessa dignità e gli stessi doveri verso il Creatore che darà a tutti pari clemenza e pari misericordia".
Per renderci conto dello spirito di eguaglianza e di fraternità che caratterizza l'Islam è sufficiente assistere una sola volta alla preghiera collettiva del venerdì dove, senza discriminazioni di sorta pregano affiancate persone la cui pelle va dal bianco della mia al nero ebano dei fratelli senegalesi.
L'umanesimo egualitario dell'Islam permeò di sè la Spagna araba e la Sicilia fino a quando vi regnò il grande Imperatore Federico II di Svevia: il sovrano che, nella sua reggia di Palermo, governano con ministri normanni, siciliani, tedeschi, ebrei, arabi e greci e amava ascoltare ogni mattina il suono della campane cristiane e la voce del muezzin che chiamava i musulmani alla preghiera. Amico fraterno del sultano d'Egitto, con il quale si scambiava per gioco problemi di matematica, egli sognava un mediterraneo nel quale cultura islamica, cultura cristiana e cultura ebraica vivessero in pace fecondandosi a vicenda. Egli fondò la prima università laica d'Italia, quella di Napoli, e alla sua morte vollè che sul suo feretro venisse disteso un lino bianco scritto in caratteri arabi: "A nessuno è dato sapere cosa vi sia in fondo al cuore umano fuorchè al creatore". Era la sua risposta al papa francese che l'aveva scomunicato con l'accusa di essere musulmano, mentre egli era fedele all'unico Dio di Abramo, di Mosè, di Gesù e di Mohammed.

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