giovedì 18 novembre 2010

RICORDI DELLA PRESENZA ARABA IN SICILIA






































Ben poche tracce sicure restano in Sicilia del lungo dominio degli Arabi, ma quanto resta della dominazione normanna autorizza ad inclederne le testiomonianze nell'arte musulmana di occidente. L'isola non conserva più la divisione architettonica tra edifici di natura religiosa, civile e militare. Non vi si trovano tracce di moschee se non presso San Giovanni degli Eremiti. I monumenti che interessano sono quelli sorti in terra cristiana nel ricordo degli stili del Nord Africa, spesso progettati e costruiti da architetti e artisti musulmani.
Nel castello della Favara a Palermo, fondato dall'emiro Jafar non resta quasi nulla; ma forse il nome del castello "Di mare dolce" evoca il termine arabo "Fawwara" e cioè acque che dal monte scendono al mare. Ruggero II aveva fatto costruire un palazzo nella parte alta di Palermo chiamato Cassaro (dall'arabo Qasr). Nel 1140 venne consacrata la cappella palatina, al primo piano del palazzo reale, un'antica fortezza musulmana rimessa a nuovo, nella quale si fondono la pianta e le colonne corinzie in stile bizantino che risplende nei mosaici aurei delle pareti; ma l'arte araba stupisce per la meravigliosa presenza del soffitto ligneo a stalattiti dalle intricate decorazioni pittoriche in caratteri arabi. Le tre grandi culture medievali si fondono nel capolavoro di Santa Maria dell'Ammiragliato nota come la Martorana. Fondata dall'emiro Al-Bhar è una delle più belle chiese greche dell'isola. Alla base della cupola corre un fregio ligneo che reca incise le parole di un antico inno bizantino alla vergine scritto in lingua araba. Il padiglione della Cuba, eretto da Gueglielmo II su pianta rettangolare, ricorda il palazzo di Dar Al-Bhar. Il padiglione della Zisa è una meravigliosa sintesi dell'Islam il cui significato è raccolta per la iscrizione araba in stucco bianco in rilievo intorno all'arco d'ingresso: "Qui, ogni volta che lo vorrai, potrai ammirare il tesoro più bello di questo regno, il più splendido della terra e dei mari. La montagna dalle vette color del narciso fanno da sfondo. Vedrai il grande re di questo secolo nella sua bellissima dimora, una casa di delizia e di splendore che ben vi si addice. Questo è il paradiso terrestre che si offre alla vista; questo è il re glorioso che i suoi sudditi chiamano l'Aziz (il diletto).
Ma le testimonianze più commoventi della presenza araba in Sicilia sono le poesie che i poeti arabi siciliani hanno lasciato ai posteri e che valgono a spiegare perchè la prima poesia italiana è nata in Sicilia.

1 - Ibn Hamdis, fuggito dalla Sicilia nel 1079 e rifugiatosi presso gli abbasidi di Siviglia: "... Sogno la Sicilia e l'acuto dolore ne suscita nell'animo il ricordo ... vi è un luogo di giovanili delizie che ora è deserto e non è più animato dal fiore di nobili ingegni. Cacciato da un paradiso, come posso darne notizia senza che l'amarezza delle mie lacrime mi ricordi che esse non sono i fiumi di quel paradiso?".

2 - Ibn Al-Ballanubi, morto esule in Egitto nel 1050: "... Mai ho chinato il capo nel sonno senza che, malgrado ormai la lunga lontananza, non mi visiti la valle presso cui dormono i miei antenati di Sicilia..." "O Sicilia, terra dove germoglia la pianta dell'onore, ove giovani cavalieri ricchi di coraggio caricano in guerra contro la morte col sorriso negli occhi!" "Che viva quella terra popolata e colta, che vivano di lei anche le più remote rovine. Che viva il profumo che vi spira e che i mattini e le sere fanno giungere fino a noi. Che vivano quanti fra i suoi abitanti ancora esistono ma vivano anche quelli le cui ossa giacciono nei sepolcri".

3 - Mushh Al-Kurashi, morto esule in Spagna: "O Sicilia mia diletta patria natia, poichè tu ti sei allontanata da me prenderò per mia patria solo la sella dei miei cavalli. Poichè la mia origine è la terra, ogni terra sia la mia patria e ogni umana creatura sia mio fratello"

4 - Abd-Al-Rahman, "Che circoli fin dal mattino e fino a sera il vecchio vino dorato! Bevi al suono del liuto e dei canti degni del paradiso. Non può esservi vita serena se non all'ombra della mia dolce Sicilia. Ora dimoro in un palazzo regale di una dinastia gentile, in cui la gioia e la tolleranza hanno preso albergo ma non riescono a colmare il vuoto che mi ha lasciato la perdita della terra cui Dio elargì perfetta armonia"

5 - Al-Itrabahishi, poeta palermitano morto esule in Spagna: "Favara dal duplice lago, ogni desiderio in te ha sogni: vista soave e spettacolo mirabile. Le tue acque si spartiscono in nove ruscelli: o bellissime diramate correnti. Dove i tuoi due laghi si incontrano, ivi l'amore si accampa e sul tuo canale la passione pianta le tende ... Gli aranci superbi dell'isola sono fuochi ardenti su rami di smeraldo. I limoni hanno il pallore di un'amante, che ha passato la notte muovendosi per l'angoscia della lontananza o fremendo per i piaceri della vicinanza. Palme dei due laghi di Palermo possiate essere abbeverate da continuo flusso di pioggia! Possiate godere sorte felice e attingere ogni desiderio. Prosperate, e offrite riparo agli amanti, sulle vostre sicure ombre regna inviolato l'amore".

Dopo la morte di Federico II, quando si spegnevano in Sicilia gli ultimi fuochi della cultura araba, un Qabi palermitano fece incidere sulla sua pietra sepolcrale un lamento in caratteri arabi per un mondo ormai scomparso e per la sua isola tanto amata: "O Dio onnipotente dov'è la mia terra? Ahimè! Essa è perduta!".
A ricordare gli arabi di Sicilia provvedono anche i nomi di innumerevoli città: Mazzara del Vallo, Marsala, Saleni, Misceni, Alcamo, Caltanissetta, Caltagirone, Sciacca, Gibellina e, infine il secondo nome dell'Etna: Mongibello.  

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