domenica 7 novembre 2010

La guerra a più voci contro le moschee

Il 30 settembre u.s. il Giornale di Vicenza pubblicò in prima pagina un titolo a varie colonne che recitava "Le moschee clandestine di Vicenza". Rimasi vivamente stupito di un titolo siffatto e scrissi una lettera al direttore che si intitolava appunto "Non esistono moschee clandestine perchè, fino a prova contraria, in Italia l'Islam, anche se appena tollerato, non è una religione vietata dalla legge". Più esattamente feci presente quanto segue "Le moschee sono per i musulmani i luoghi nei quali si celebra il solo atto di culto collettivo dell'Islam e cioè la preghiera del venerdì. La mosche può essere costituita in una sede privata di un'associazione culturale o di un singolo oppure in un luogo aperto al pubblico di grandi dimensioni. Ma moschee clandestine non ve ne sono. Se non ha dovuto a sbadataggine, il titolo citato rivela forse il malizioso intendimento di parificare almeno una parte dei luoghi di culto islamici esistenti in provincia di Vicenza a sedi di società segrete o di gruppi terroristici o a casa d'appuntamento o di spaccio di droga, magari per scatenarvi contro le forze dell'ordine o volenterose ronde padane come si fa con i campi rom abusivi. A Vicenza, come in gran parte d'Italia esistono luoghi di culto islamici aperti al pubblico che hanno in genere sede in centri culturali o in sedi di associazioni di iniziativa sociale regolarmente denunciate e quasi sempre in possesso di un numero di codice fiscale alla faccia della clandestinità".
A questa mia osservazione il direttore del Giornale di Vicenza replicò con una breve nota "inventandosi un nuovo significato della parola "clandestino": non più "nascosto per eludere ad un ordine dell'autorità o per praticare una attività illecita" ma, semplicemente "nascosto".
Lì per lì pensai che l'ottimo Dott. Gervasutti aveva voluto mantenere simpaticamente una sorta di "punto d'onore". Nel corso del mese di ottobre e nel successivo inizio di novembre sono tuttavia capitati alcuni eventi che hanno gettato nuova luce sull'espressione "moschee clandestine":

1 - Nell'articolo del 30 settembre, accanto alle notizie relative alle moschee esistenti in provincia di Vicenza ebbi modo di leggere un pregevole commento di Monsignor Giuseppe Del Ferro che sosteneva che la costruzione di moschee nel nostro paese è subordinata all'osservanza dell'articolo 8 della Costituzione (e cioè ad un accordo tra Stato italiano e rappresentanza unitaria delle comunità islamiche italiane; aggiungeva inoltre che per costruire moschee bisogna prima sapere quanti sono i musulmani che intendono rimanere in Italia, quanti sono cittadini italiani e cosa ne pensano le comunità cattoliche dei residenti. Monsignor Del Ferro sottolineava anche che l'esistenza di moschee vere e proprie (diverse da semplici luoghi di preghiera) accentuerebbero l'islamizzazione di una città. Quasi che la fisionomia religiosa di un centro abitato non dipenda dal numero dei fedeli di un determinato credo religioso ma da quatto mura vuote di un numero rappresentativo di fedeli.
Ho ritenuto di replicare all'illustre interlocutore nel modo che segue:

L'articolo 8 della Costituzione cui il Monsignore si riferisce per dare fondamento alle sue perplessità verso la costruzione di una moschea a Vicenza recita testualmente: "tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge, le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti . I loro rapporti con lo stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze". L'Articolo 8 è citato a sproposito: gli accordi tra lo stato italiano e confessioni religiose non riguardano certamente il diritto dei fedeli di avere luoghi di culto, comprese le moschee, ma, ad esempio, le modalità con le quali devolvere alle singole religioni l'8x1000 sulle dichiarazioni dei redditi. Più correttamente Monsignore Del Ferro avrebbe dovuto citare l'Articolo 19 della Costituzione: "Tutti hanno diritto di professare la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esircitarne in pubblico o in privato il culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume".
La polemica da me svolta nei confronti degli argomenti di Monsignor Del Ferro non è diversa da analoghe polemiche che ho sviluppato sul medesimo argomento. La novità che stavolta ho dovuto registrare è che la mia lettera è stata da me inviata al Giornale di Vicenza il 1° ottobre 2010 ed è stata pubblicata il 10 ottobre. Non si sa per quali vie misteriose c'era chi ne conosceva il contenuto una settimana prima della sua pubblicazione e, anzi, chi sosteneva di averla letta quando non era stata ancora pubblicata amava enfatizzare il suo carattere offensivo contro l'illustre Monsignore

2 - Sul Venerdì di Repubblica del 05/11/2010 u.s. è stato pubblicato a pagina 45 il seguente articoletto dal titolo: "Guerra alla moschee col pretesto dei decibel". Ma che discriminazione assicura il leghista Enrico Marcigaglia, assessore all'immigrazione e alla sicurezza di Arzignano (VI): la sua ordinanza "anti moschea selvaggia" è un testo destinato a fare "da apri pista a livello nazionale". Tanto che, per scongiurare le accuse di razzismo è stata scritta da tecnini al di sopra delle parti. L'obiettivo è stanare i centri di culto che si spacciano per circoli culturali. La linea dura dell'assessore prevede i sigilli che risulteranno privi di certi requisiti. Nell'elenco figurano: rispetto della quiete, isolamento acustico, qualificazione energetica, altezza dei locali, superficie finestrata minima e standard a parcheggio. La chiusura sarà obbligatoria anche per i circoli sovraffollati. Nel mirino dell'ordinanza come spiega un comunicato stampa a commento ci sono un centro religioso musulmano, uno buddista, uno induista, uno sikh e uno dei Testimoni di Geova. Nessun riferimento invece a eventuali circoli cattolici, senza parcheggio o finestre. Forse l'assessore sa in anticipo che non ce ne sono.

Non sono ancora venuto in possesso del pittoresco testo di un regolamento che mira alla chiusura dei luoghi di culto di tutte le religioni diverse da quella cattolica. So per certo, tuttavia, che esso è stato approvato dal consiglio comunale nella seduta del 6 novembre senza aver riportato il parere di regolarità tecnica del Segretario comunale e del Comandante dei vigili: e basta questo elemento a dirla lunga sulle illegittimibilità di un testo grottesto e liberticida che solo la mente malata di xenofobia e di intolleranza religiosa poteva concepire. Per intanto rilevo che:

1) Non è chiaro chi dovrà effettuare l'accesso nei luoghi di raccolta e di preghiera per vedere se il numero dei fedeli supera il limite fissato, tale compito, infatti, non può essere affidato ai vigili urbani che non avendo i poteri della polizia giudiziaria non possono accedere a sedi di associazioni private se privi di un mandato dell'autorità giudiziaria: a meno che non si vogliano beccare una denuncia per violazione di domicilio;

2) Lo scarsamente colto assessore e i consiglieri comunali che hanno votato a favore di un testo tanto strampalato hanno sorvolato sul fatto che le associazioni culturali che permettono lo svolgimento di azioni di culto nelle loro sedi sono associazioni non riconosciute disciplinate dagli articoli 32 e seg. del Codice Civile; la stessa natura di associazioni non riconosciute ce l'hanno: le organizzazioni sindacali, i partiti politici, le associazioni culturali diverse dalle fondazioni; e, quindi, quanto richiesto alle sedi di culto di musulmani, buddisti, sikh, testimoni di geova e induisti dovrà essere imposto anche alle sedi di Cigl, Cisl e Uil, dei partiti politici compresa la lega nord e di tutte le associazioni culturali operanti in Arzignano. Se il Comune non provvederà in questo senso, dando anche un'occhiata alle parrocchie, agli oratori cattolici e a qualche chiesa di recente costruzione si esporrà alla denuncia per omissione di atti d'ufficio;

3) Dall'articolo 18 della Costituzione garantisce come diritto della personalità quello dei cittadini di associarsi tra loro per fini che non abbiano carattere di sovversione politica armata. Cercare di limitare fino a rendere impossibile l'esercizio di tale diritto mediante provvedimenti amministrativi, è contro il carattere democratico del nostro paese e un tentativo di segno nazi-fascista contro chi intende professare i culti della propria fede religiosa (Art.10 della Costituzione). Per questi elementari motivi, auspicando che i diretti interessati presentino un bel ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, preannuncio il mio intendimento di presentare regolare esposto/denuncia alla Corte dei Diritti dell'Uomo con sede a Strasburgo (Francia). Come cittadino italiano di religione musulmana sono titolare del diritto civile a non veder molestata od ostacolata la fede religiosa che ho liberamente deciso di abbracciare.


Domenico Abdullah Buffarini

Nessun commento:

Posta un commento