lunedì 3 gennaio 2011

LO SPLENDORE DEI CALIFFATI OMAYYADI

Ricostituita l'unità, l'obiettivo prioritario per Abd Al-Malik fu quello del riassetto della macchina statale. Tra il 692 e il 697 egli fece battere per la prima volta moneta: un conio aureo (dinar), uno argenteo (dirham) e uno in rame (fils), ispirati alle monete bizantini e sassanidi. Al-Malik aprì poi le porte dell'esercito, in cui aveva sempre predominato il più evoluto elemento yemenita, anche agli arabi di centro settentrionale, nell'intento di eliminare un fattore di malcontento e di potenziale pericolo. Egli organizzò inoltre un efficiente servizio postale (barid), che fungeva anche da controspionaggio, e ordinò infine che per gli atti amministrativi da registrare nei biwan statali non si adoperassero più il greco, il copto, l'aramaico o l'ebraico, ma la sola lingua araba per la quale si era finalmente raggiunto un canone scritto adeguato grazie al decisivo contributo di siriaci e persiani e di altri convertiti non arabi (mawali).
Ciò non significava la rinuncia all'apporto di ebrei, cristiani o zoloastriani, che seguitarono anzi a prosperare nell'amministrazione e nelle professioni cosiddette liberali (il caso più noto è quello di Yahya Ibn Sargiun, diventato famoso in occidente come San Giovanni Damasceno, responsabile come suo padre e suo nonno prima di lui dell'amministrazione omayyade. Proprio questa capacità di assorbire senza traumi identitari quanto di meglio poteva essere offerto dai contesti non islamici decretò il vigoroso e significativo progresso della prima Umma.
Gli Omayyadi si preoccuparono anche dell'aspetto architettonico del califfato. Abd Al-Malik costruì a Gerusalemme la splendida Moschea della Roccia per evitare che i suoi sudditi musulmani potessero essere influenzati dalla propaganda ostile di Ibn Al-Zubayr in occasione del pellegrinaggio alla Mecca. E' però con suo figlio Al-Walid I (674-715) che il califfato acquistò un volto monumentale all'altezza delle sue grandi ambizioni. Le moschee degli Omayyadi di Damasco e di Aleppo e quella di Sidi Oqba Qawan in Tunisia, inglobando stilemi architettonici estranei al retaggio arabo sono la migliore dimostrazione dell'apertura culturale e mentale di un secolo islamico tutto arabo di spiccata capacità assimilatrice.
Il contatto col potente antagonista bizantino non si espresse solo con l'arte musiva della moschea di Damasco o con il calco del danarius perchè la dinastia organizzò ben tre spedizioni nell'ambiziosa ma illusoria speranza di superare la triplice cinta muraria di Costantinopoli: solo grazie al "fuoco greco" scoperto nel corso del secondo assedio del 717 che si infranse il sogno di impadronirsi della "seconda roma" destinata ad essere presa dall'Islam Turco 736 anni più tardi.
La fase espansiva della Umma Omayyade registrò maggiori successi in Nord Africa (Ifriqiya), e nel versante orientale, in Khorasan e nella transoxiana centro asiatica. L'azione militare sicuramente più ricca di conseguenze fu tuttavia quella che portò i musulmani ad attraversare lo Stretto di Gibilterra, che deve il suo nome al condottiero berbero Tariq Ibn Ziyad, responsabile dell'impresa, e a metter piede nella penisola iberica. Una volta sconfitti i Visigoti, più della metà di essa venne occupata stabilmente con il consenso delle popolazioni iberiche; e da quelle nuove basi avanzate i musulmani penetrarono pure nell'attuale Francia, per essere fermati da Carlo Martello nel 732 nella pianura di Poitiens. Da sottolineare che tale evento venne oltremodo enfatizzato dai cronisti europei dell'epoca, ma per i musulmani si trattò solo di una sporadica e casuale scaramuccia. Parimenti enfatizzata fu più tardi la distruzione dell'avanguardia di Carlo Magno al Passo di Roncisvalle che inspirò l'epica Chanson de Roland: in realtà la rotta dei Paladini di Francia non fu opera dei musulmani ma degli inesorabili Baschi delle Asturie.
Gli oltre 800 anni di presenza islamica nel Bilad Al-Andalus costituiscono uno dei lasciti più preziosi per la cultura non solo europea, dal momento che in un modo tutt'altro che marginale essi influenzarono non poco lo stesso Rinascimento grazie all'azione di trasmissione operata dall'Islam delle più preziose dimenticate realizzazioni tecnologiche e intellettuali prodotte dalla sapienza dell'antico Egitto da quella Siriaca, Greca, Persiana e Indiana. Senza enfatiche esagerazioni si può affermare che la Spagna araba è stato uno dei più luminosi fari della civiltà umana.
Se gli Omayyadi possono a giusto titolo essere elogiati per il primo sostanzioso apporto artistico, scientifico e civile garantito dalla cultura islamica, con la provvida messa in opera di importanti opere idrauliche, gli ospedali, gli ospizi e gli alberghi, e se è vero che alla loro rovina contribuirono cause del tutto esterne, come le devastanti aggressioni dei Cazari e dei Turchi, è però incontestabile che il principale motivo del loro crollo ebbe radici interne, da ricondurre alla loro colpevole incapacità di rispondere in modo adeguato alle pressanti richieste di giustizia sociale e di equità fiscale avanzate dai Mawali. 
Malgrado il teorico universalismo della loro nuova fede, i non musulmani rimasero sostanzialmente discriminati ed esclusi dai più lucrosi e onorifici incarichi pubblici, oltre che iniquamente assoggettati a gravami fiscali, che prevedevano il pagamento di un testatico e di un eventuale imposta fondiaria che, seppure sopportabili, erano più onerosi della Zakat, l'elemosina canonica dovuta dai musulmani arabi.
Una prima rivolta dei berberi (740-743) staccò di fatto dal califfato di Damasco le regioni Nord africane più occidentali lasciandoli solo le aree urbane più popolose delle regioni costiere; ma il colpo di grazia per la dinastia Omayyade venne dalla cosiddetta "rivoluzione abbaside". Il clan che discendeva da Abbas zio del Profeta riuscì a coniugare l'avvilita causa alide/sciita col profondo malessere dei Mawali e, per realizzare un solido movimento clandestino con prospettive di successo, ne affidò la responsabilità operativa ad Abu Muslim, un geniale schiavo liberato persiano arabo.
Questi mosse dall'oasi persiana di Merv dove, fin dall'epoca di Mu' Awiya, erano state esiliate 50.000 famiglie di simpatie alidi che, innestate nel locale tessuto persiano, crearono nell'arco di 70 anni la massa d'urto indispensabile per attaccare nel 747 le ormai indebolite forze Omayyadi. La progressione delle forze Abbasidi divenne trionfale e si concluse con la decisiva vittoria sullo Zad, affluente del Tigri, nel Gennaio 750, sanzionata poco dopo dall'uccisione in Egitto di Marwan II, ultimo valoroso ma sfortunato comandante dei Credenti Omayyadi.

2 commenti:

  1. Salve, sono una studentessa universitaria. Domani avrò l'esame di Islamistica. Il suo blog mi ha aiutato di gran lunga. Ci tengo a ringraziarla. Arrivederci. Distinti saluti.

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