"Si mette meglio a fuoco adesso ciò che era solo intuibile: i despoti locali che a vario titolo e con diverse gradazioni di prepotenza hanno governato il nord Africa negli ultimi decenni, erano lì anche per nostro comodo e nostra sicurezza. Servivano a proteggerci dal "pericolo islamico" nelle sue diverse forme, il fanatismo religioso e la migrazione di massa, coincidenti nella visione xenofoba classica, che vede barche piene jihadisti dirigersi verso le nostre coste come facevano i corsari saraceni."
"Il fanatismo islamista esiste, e anche la migrazione di massa non è un fantasma, ma una questione fatta di carne e di territorio. Quello che non avevamo previsto, però è che esistono anche i popoli arabi, molti milioni di esseri umani che in casa loro si sono accorti di non voler più vivere soggiogati e poveri. Aver trascurato o sottovalutato la loro esistenza, i loro diritti, la loro capacità di autodeterminazione è stato l'ultimo retaggio del razzismo eurocentrico, che quando parlava di "masse arabe" immaginava un gregge di diseredati manovrabili con molte bastonate e pochissime carote. Ora il gregge ha i suoi volti, le sue parole, i suoi morti, ribalta governi e caccia tiranni. Siamo così preoccupati del nostro futuro da non capire che è del loro che si sta parlando".
Michele Serra, La Repubblica, 25/02/2011
Il criminale pazzo che ha tiranneggiato la Libia per più di 40 anni nel suo "replay" farneticante televisivo, dopo aver accusato nel primo Stati Uniti e persino l'Italia, "dell'amico Berlusconi", di fomentare la rivolta dei "ratti" ha capito che era più conveniente per la sua causa omicida passare ad accusare Al Qaida e il fondamentalismo islamico; dopo aver minacciato di tagliare i rifornimenti energetici all'Europa (compreso "l'amico Berlusconi") ha ritenuto più produttivo agitare lo spettro dell'invasione di milioni di persone sulle nostre coste, ora che non ci sono più le sue navi a presidiare le coste libiche e a catturare i disperati dei barconi da chiudere in campi di concentramento o da spedire a morire di sete nel deserto del Sahara. E' singolare che i due argomenti del delinquente in costume beduino sono stati immediatamente utilizzati dallo pseudo governo italiano. Berlusconi, dopo aver dichiarato di provare piacere nel vedere il "vento della democrazia" agitare i palmi della Libia, si è affrettato ad aggiungere che bisogna pensare anche al dopo: con ciò intendendo che quel vento può portare anche pericolosi emigrati islamici e jihadisti. Il ministro Maroni ha favoreggiato con altri (Frattini, La Russa e compagnia brutta) di milioni di clandestini in arrivo dall'Africa: cataclisma, quest'ultimo unanimamente respinto dal resto d'Europa. Del resto i lavoratori stranieri che lavoravano come immigrati in Libia hanno preferito ritirarsi in Tunisia e in Egitto, ben sapendo di trovare in quei paesi pur gravati da spaventosi problemi, luoghi più ospitali e più civili delle xenofobe schiere leghiste che governano l'Italia.
Non vi è tuttavia limite alla spudoratezza del personale politico e non che ricopre funzioni di potere nel nostro paese. E così:
1 - L'ambasciatore italiano a Tripoli ha detto che ai suoi occhi la situazione appariva piuttosto tranquilla: l'affermazione è arrivata sui nostri schermi televisivi nei giorni in cui Gheddafi bombardava i quartieri periferici della capitale libica, mentre le sue bande di mercenari giravano per le case ad assassinare uomini, donne e bambini, compresi i neonati;
2 - Il vescovo della diocesi di Tripoli, che amministra circa 6000 cattolici residenti nella sua diocesi (ma i cristiani non sono stati tutti assassinati nei paesi a maggioranza islamica?), nello stesso giorno ha dichiarato, sempre in televisione "che: "A Tripoli è oggi una bellissima giornata piena di Sole, ed è tutto tranquillo." poteva aggiungere che si trovava di fronte uno scenario quasi paradisiaco";
3 - Lo zotico onorevole Giovanardi, parlamentare del PDL, ha definito "bufale" le foto delle fosse comuni scavate sulle spiagge di Tripoli per seppellire le migliaia di morti: "Quali fosse comuni?" ha commentato il "grande uomo", "Lì è stato fotografato solo un cimitero dove in tombe ben ordinate e individuali si seppelliva qualche morto" (presumibilmente di morte naturale). Ignora il cialtrone che l'Islam non conosce l'usanza delle fosse comuni, perchè ogni defunto deve essere sepolto in una fossa individuale con il corpo rivolto verso la Mecca;
4 - La sola preoccupazione di tutti i cialtroni che hanno sostenuto la pretesa di George Bush di esportare in ogni parte del mondo la "democrazia" è stata quella di sottolineare quali gravi rischi corre l'economia del nostro paese se si perdono i contratti delle compagnie petrolifere italiane con il despota assassino. Naturalmente questa stessa preoccupazione è anche degli altri paesi europei: ma in nessuno di essi essa è diventata come in Italia una drammatica ossessione;
5 - L'ultimo alibi per giustificare il fatto che il governo italiano è l'unico che, a livello mondiale, non ha ancora definito Gheddafi con parole adeguate è stato quello di dover salvaguardare la vita dei numerosi cittadini italiani residenti in Libia: 1500 in tutto, di cui più di 1000 già rimpatriati. A questo riguardo giova sottolineare che gli altri grandi paesi europei hanno un numero molto maggiore di loro concittadini residenti in Libia: per non parlare degli egiziani, tunisini, algerini, filippini, indiani, pakistani e infine dei 12 mila cittadini cinesi.
Probabilmente quest'ultima paura è figlia diretta della coscienza sporca che l'Italia ha nei confronti del popolo libico; non solo e non tanto per la calda amicizia che il nostro presidente del consiglio ha manifestato nei confronti "dell'amico Gheddafi", ma anche e soprattutto perchè i libici non hanno dimenticato e hanno ereditato dai loro padri e nonni il racconto dei ferocissimi massacri che le truppe italiane hanno perpetrato nella "quarta sponda" dal 1911 al 1931 (200 mila morti su una popolazione di meno di un milione di abitanti). Un'ultima notazione. Quasi tutti i mezzi d'informazione italiani hanno ripetutamente battuto sulla circostanza che in Libia vi sono ancora le "tribù". Nella pseudo visione di chi ignora i più elementari principi dell'antropologia culturale, il termine "tribù" richiama orizzonti primitivi e selvaggi, caotici e il più delle volte feroci. Si ignora che la tribù è la forma organizzativa umana tipica e necessaria alle popolazioni nomadi che vivono su grandi spazi desertici avendo come ultima risorsa economica la pastorizia e l'allevamento del bestiame: così è ancora oggi per le popolazioni centro asiatiche, per i mongoli, per gli arabi delle aree desertiche e per certi aspetti, di vaste zone dell'Australia e persino delle Highlands scozzesi (per non parlare delle popolazioni indigene del nord America, dei gauchos argentini ecc.ecc.ecc.).
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