Nel suo ultimo articolo settimanale pubblicato su La Repubblica di Domenica 27 Febbraio 2011, Eugenio Scalfari scrive: "Le rivoluzioni dei popoli nord africani e medio orientali hanno numerose differenze tra loro ma anche numerose analogie. Tra queste ce ne sono 3 che meritano di essere segnalate: sono guidate da giovani, hanno come primario obiettivo la conquista dei diritti di libertà e sono rivoluzioni laiche anche se nei paesi musulmani il loro grido di riconoscimento e di vittoria è spesso quello tradizionale "Allah è Grande"."
Normalmente Scalfari è tra i giornalisti italiani uno di quelli che scrive le cose più interessanti e molto spesso più condivisibili, ma può capitare anche a lui di scrivere delle cose approssimative e sostanzialmente inesatte, specialmente se affronta realtà che non conosce o conosce male attraverso il solito prisma dei pregiudizi euro-centrici e filo occidentali. Mi sforzerò perciò da musulmano italiano che ha costruito la sua personale cultura abbeverandosi alle stesse fonti alle quali, con quasi certezza si è abbeverato Eugenio Scalfari, (l'illuminismo francese e in particolare Voltaire e Monteschieu e Diderop; la filosofia inglese del primo 700' e in particolare John Locke e, penso il Manuel Kant) ma che ha avuto poi la fortuna di tuffarsi in quel grande oceano che è il Corano, di mettere in evidenza quali sono le principali "inesattezze" del suo articolo:
1 - Il grido di vittoria e di battaglia dei giovani musulmani che hanno affrontato senza paura i proiettili e le bombe dei tiranni che, per gli interessi petroliferi e per la miopia dei vari governi occidentali sono stati imposti ai popoli arabi, non è "Dio è Grande" ("Allah-U-El-Kabir") ma è "Dio è il più Grande" ("Allah-U-Akbar). La presenza di Dio nei discorsi e nelle esclamazioni, nei saluti e nelle invocazioni dei musulmani è un dato costante. A chi ci chiede "Come stai?" noi rispondiamo "Dio sia lodato"; se intraprendiamo una qualsiasi attività e vogliamo esprimere l'auspicio che riesca bene siamo soliti ricorrere all'espressione "Se Dio vuole" ("Inshallah"); ogni discorso pronunciato in pubblico siamo soliti iniziarlo con la frase "Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso".
A differenza di quanto avviene nell'Europa odierna, e in specie in quella che ha subito la tirannia sulla cultura e sulla scienza di un'organizzazione eclesiastica che poco ha a che vedere con le parole del Santo Profeta Gesù, i musulmani credono in Dio, si considerano soggetti alle sue leggi eterne e immutabili, cercano di adeguare le loro azioni individuali a quanto Egli ci ha rivelato attraverso i suoi Profeti. Probabilmente è sfuggito a Scalfari che le maggiori manifestazioni dei giovani e delle masse di popolo che hanno riempito a milioni le piazze e le hanno tenute per settimane si riempivano con maggiore velocità quando si usciva dalla preghiera del venerdì pronunciata in moschea;
2 - La giovane età dei rivoluzionari nord africani e del medio oriente si è si servita di moderni mezzi di comunicazione, che del resto hanno come base di partenza le scienze matematiche portate in Europa dalla civiltà islamica e del pensiero greco restituito all'Europa imbarbarita dai sapienti delle università del Cairo, di Damasco, di Cordoba, di Toledo e, successivamente, di Istanbul; ma l'uso di questi mezzi si è declinato con una forza che il non musulmano non può comprendere: quella che si riceve quando nelle prosternazioni di preghiera tramandate dalla Sunna, ognuno, inchinandosi tocca con la fronte la terra e sa che sul suo capo c'è la Mano di Dio e fra lui e il Creatore non vi è nessun intermediario. Noi musulmani sunniti non abbiamo preti, ne vescovi, ne papi;
3 - Non è da oggi che i giovani musulmani si gettano quasi inermi contro le pallottole e i carri armati dell'occidente e dei suoi derivati: lo hanno fatto per decenni in Cirenaica contro il colonialismo fascista; lo hanno fatto per decenni i giovani algerini contro i parà torturatori francesi del colonnello Massù; lo hanno fatto e lo fanno i giovani palestinesi, che hanno affrontato nelle Intifade contro l'occupazione israeliana armati di soli sassi e del grido "Allah-U-Akbar"; lo fecero anche i giovani iraniani quando, all'inizio della rivoluzione contro lo Shah (tanto simile nel suo pagliaccesco sfarzo al pagliaccio di Tripoli) si fecero uccidere a decine di migliaia dalla polizia segreta del tiranno di Teheran. Mi vengono in mente, per assonanza sentimentale le parole di una bellissima poesia che un poeta arabo nato e cresciuto nella Sicilia musulmana scrisse all'indomani della pulizia etnica anti araba portata avanti dagli Angioini francesi chiamati dal Papa per stroncare il grande sogno di un Mediterraneo unito e fecondato dall'incontro delle culture araba, ebraica, cristiana di Federico II di Svevia: "Addio Sicilia, mia diletta patria, i cui profumi mi vengono portati al tramonto dal vento che viene da occidente Addio Sicilia, terra dell'onore, i cui giovani affrontano la morte con il loro coraggio e con gli occhi sorridenti";
4 - Su questi giovani che invocano Dio, Al Qaida non può fare alcuna presa, perché lugubri esportatori di morte guidati da un sedicente sceicco che probabilmente non ha mai letto il Corano, o se lo ha letto ne ha dimenticato le cose più importanti, o forse ne ha letto la versione falsificata con finanziamento CIA nell'università del Nebraska e distribuita agli adolescenti afghani per fanatizzarli nella guerra santa contro i sovietici, non hanno niente a che fare col messaggio di pace, di libertà e di giustizia che vibra in ogni pagina del nostro libro sacro. Al Qaida è un movimento di segno fascista ed è il frutto del contagio che quanto di peggio ha prodotto l'occidente a trasmesso al mondo islamico nei secoli della dominazione coloniale;
5 - Noto con divertita curiosità come un incubo dell'occidente sia, oltre alla perdita degli approvvigionamenti energetici e agli arrivi di "orde selvagge" di musulmani barbuti con i vestiti imbottiti di tritolo (ricordo che in un articolo della Padania veniva definita "orda" anche una nave piena di profughi curdi che fuggivano dai gas americani lanciati a profusione dagli aerei di Saddam Hussein), il possibile ritorno di un califfato musulmano esteso dalle rive dell'Atlantico fino ai confini dell'India. A parte la considerazione che quei califfati nei secoli della loro fioritura furono una delle manifestazioni più alte della storia umana, vorrei chiedere a chi nutre timori di questo genere perché i popoli europei, diversi per lingua e per religione, divisi da centinaia di guerre sanguinose di dinastia e di religione fra cui le due Guerre Mondiali del secolo scorso abbiano potuto fare con tutti i doverosi elogi l'Unione Europea, mentre i popoli arabi uniti dalla lingua, dalla comune cultura di base e dalla loro fede religiosa non dovrebbero fare qualcosa che possa chiamarsi gli Stati Uniti Arabi oppure l'Unione Araba: chi volesse chiamarla califfato non può che accomodarsi; la parola califfo viene dall'arabo e dal Corano e per la religione islamica l'unico vero Kalifa (vicario), di Dio è l'essere umano, fornito dal Creatore oltre che del dono della vita, di quello della ragione e del desiderio di conoscenza.
So che Eugenio Scalfari è un assiduo e profondo lettore di Voltaire, gli raccomando di rileggere la bellissima preghiera laica che conclude il trattato sulla tolleranza del grande francese: "Mi rivolgo a Te, Dio di tutti i tempi, di tutti i popoli e di tutti i mondi...Fa che tutti gli uomini ricordino di essere fratelli, e fa che ogni giorno si ricordino di dedicare qualche minuto della loro giornata per ringraziarti in mille lingue diverse dal Siam alla California per ringraziarti del dono che hai fatto loro dando ad essi la vita".
C'è in chi non crede in Dio qualcosa di comune con i cattolici che confondono la fede con l'essere cattolici. Anche molti laici sono convinti che laicità significhi non credere in Dio. Io mi sento profondamente laico perché credo ai valori di libertà, uguaglianza e fraternità. Oltre a questi valori credo anche in Dio che è Clemente e Misericordioso, ma è anche Giustizia; e quindi non c'è nessuna contraddizione tra il gridare nelle piazze "Dio è il più Grande" e lottare per la libertà come stanno facendo i miei fratelli e sorelle di Tunisia, Libia, Egitto, Yemen, Palestina in questi giorni; e poiché il Dio che invocano è Giusto ed è la loro guida, la vittoria verrà.
P.S: Nella preghiera di venerdì uomini e donne di tutte le nazioni islamiche, con tutti i loro colori di pelle e di abito diversi, dai bosniaci biondi e con gli occhi azzurri ai senegalesi neri come l'ebano, si sono uniti nei luoghi di culto che in Italia, per colpa di governi ottusi e intolleranti non possiamo chiamare moschee, abbiamo pregato tutti perché i nostri fratelli libici si liberino presto del sanguinario pagliaccio al quale il ridicolo presidente del consiglio italiano non si è vergognato di baciare le mani.
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