martedì 22 febbraio 2011

IL DIRITTO ISLAMICO - 2a parte

Già negli ultimi decenni dei califfati Omayyadi era andata crescendo l'esigenza di dare un'organica sistemazione al sistema del diritto islamico in relazione al fatto che sempre di più, a misura che si ampliava il dominio dell'Islam, popoli, culture, tradizioni giuridiche sempre diverse avevano fortemente diminuito il carattere "arabo" dei territori di religione musulmana. Tale esigenza di sistemazione aumentò con l'avvento della dinastia Abbaside che andò arricchendosi di elementi culturali che andavano ben oltre l'ambito arabofono, per assumere il carattere di "impero universale".
Per affrontare il tema dobbiamo anzi tutto esplorare tre termini giuridici fondamentali: "Sharia, Fiqh, Qanun":

A - La SHARIA si tratta di un termine comune ai popoli arabofoni del medio oriente. Nel Corano il termine si incontra 4 volte e congiunge al significato di "legge" a quello più generale di "Via salvifica tracciata da Dio". Dal punto di vista letterale la Sharia è la "via che conduce all'acqua", e perciò esso evoca la vita in un paese desertico come l'Arabia. Un secondo significato è quello di "cammino" che il credente deve seguire per giungere alla vita grazie ai comandamenti religiosi stabiliti da Dio, e rivelati a Muhammad; in tal senso Sharia è sinonimo di religione. A volte, tuttavia, la Sharia si presenta come una legge positiva e cioè come una serie di norme precise, altre volte fissa dei principi comportamentali generali che consentono un certo margine di creatività. Nel corso dei secoli si nota uno slittamento, nei commentatori del Corano e negli Ulema in genere dal senso ampio al senso ristretto di "legge positiva divina e di norme precise del comportamento".
La Sharia diventa la legge divina onnicomprensiva, che plasma minuziosamente il comportamento dell'individuo e della società e il cui significato viene gradualmente a coincidere con il diritto islamico. I giuristeriti islamici (Fuqaha) determinano il carattere insieme giuridico e morale delle azioni umane, classificando i vari atti secondo 5 qualificazioni:
1 - Wajib (atti obbligatori): tali sono ad esempio i 5 pilastri della fede. Dio castiga chi non li compie senza un giusto motivo;
2 - Mandub (atti raccomandati): chi compie questi atti riceve una ricompensa ma chi li trascura non merita castigo: ad esempio la "preghiera libera" e la "Sadaqa" o elemosina libera;
3 - Haram (atti proibiti): chi li compie viene punito sia dagli uomini sia da Dio, nell'aldilà e tal volta in questa vita. Sono Haran il furto, l'adulterio, l'omicidio ingiustificato, il ripudio non coranico;
4 - Makruh (atti biasimevoli): in questa categoria rientrano certe forme di ripudio valide ma prive di motivo valido. Dio castiga queste azioni nell'aldilà;
5 - Mubah (atti leciti o permessi): tale è la maggior parte delle azioni umane.
Questa determinazione della qualità degli atti è una delle forme di adempimento del comandamento coranico:
"Raccomandate le buone consuetudini e proibite ciò che è riprovevole".
In base alla tradizione giuridica e nell'orizzonte teologico dominante, che è quello della teologia asharita, non trova posta una concezione morale "naturale", basata sulla ricerca della ragione per scoprire e interpretare il progetto iscritto da Dio nella Creazione, ma solo una morale basata sulla rivelazione positiva, che in certe correnti interpretative molte aggressive, scade spesso nel formalismo. Vi è per altro la coesistenza in un unico sistema ibrido di due principi del diritto, umano e divino, profano e religioso, e delle rispettive procedure e istituzioni spesso in conflitto fra loro.
B - I FIQH. Se la Sharia è la legge divina, il Fiqh è la scienza della legge divina, frutto di una sintesi tra due elementi: da un lato certi dati attinti dal Corano e dalla tradizione profetica (Sunna) dall'altro le soluzioni elaborate dalla ragione umana a partire dalle necessità della vita. Il Fiqh si può definire come una teologia etico giuridica della civiltà islamica, che allo stesso tempo è più larga e più stretta della nozione occidentale di diritto. Il Fiqh (comprensione) è il termine tecnico per indicare la scienza del diritto islamico e la giurisprudenza, e poiché esso indica un'attività umana, non si applica ne a Dio ne al Profeta. L'uomo è chiamato da Dio a osservare la Sharia per vivere in accordo con l'ordine cosmico che egli ha stabilito. I giuristeriti che hanno l'autorità richiesta in questo campo espongono ed elaborano la Sharia che trovano nelle fonti primarie della rivelazione divina e cioè il Corano e la Sunna.
Il Fiqh abbraccia tutti gli ambiti della vita che deve fondarsi sulla religione, ma a loro volta gli ambiti di applicazione del Fiqh sono normalmente 3:
1 - Ibadat, leggi che riguardano il culto e la pratica religiosa;
2 - Mu'Hamalat, leggi che riguardano la vita sociale;
3 - Altri ambiti comprendenti le sfere del diritto e della procedura penale del diritto costituzionale delle leggi dell'amministrazione dello stato e della conduzione della guerra.
C - Il QANUN. Il termine ha acquistato un senso molto generale di legge o codice. Già nei primi tempi dell'impero islamico i detentori del potere, soprattutto i governatori delle provincie senza specifica competenza legislativa, emanarono varie leggi nel campo del diritto pubblico e penale in cui il Fiqh appariva insufficiente o, nel caso delle pene coraniche troppo rigido. Nel campo amministrativo il Qanun non fu mai conflittuale con la Sharia, che del resto non ne trattava; nel campo del diritto penale, invece, talvolta i governatori sostituirono le pene discrezionali alle mutilazione e alla morte previste dalle pene coraniche. In seguito i sultani ottomani legiferarono in altri campi sottoposti alla Sharia.
Nell'epoca moderna e contemporanea il Qanun indica sia le leggi e i codici ispirati alle legislazioni occidentali (diritto civile, commerciale, amministrativo, penale ecc. ecc.) sia i codici che riproducono le norme semplificate della Sharia, come ad esempio alcuni codici dello statuto personale (Siria, Iraq). La procedura del Qanun attuale prevede la preparazione delle norme in commissione, la votazione in assemblea e la promulgazione nel potere esecutivo.

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