martedì 1 febbraio 2011

STORIA DELL'ISLAM - IL REGNO PERSIANO DEI SAFAVIDI

Sotto il peso delle terribili invasioni mongole i Sufi avevano spesso formato gruppi e organizzazioni preposte alla protezione politica e all'assistenza spirituale delle popolazioni. Per l'Iran la più significativa fu il movimento safavide, fondato dal sunnita Safi Al-Din, proveniente da una famiglia curda dell'Iran nord occidentale. I Safavidi riuscirono a insediarsi come nuova dinastia, riunificarono l'Iran e regnarono dal 1501 al 1722.
Ismail I si autoproclamò Shah di Persia a Tabriz, conquistò tutto l'Iran con l'aiuto di un esercito turkmeno, unificò la nazione e la unì in uno stato nazionale sotto un'autorità fortemente centralizzata. Egli dichiarò di essere l'imam nascosto degli sciiti e la reincarnazione di Alì; per imporre lo sciismo come religione di stato e non rifuggì dall'uso della violenza. I sunniti, minoranza in Iran, e in modo particolare il loro ulema, vennero perseguitati, esiliati, deportati o massacrati del tutto. Gli sciiti vennero così ad esistere geograficamente come entità nettamente separata e vennero considerati dai sunniti come "nemici": un'ostilità analoga nel XVI secolo a quella che esisteva in Europa tra cattolici e protestanti. Per la prima volta uno stato sciita stabile, potente e resistente in un paese che si situa nel cuore dell'Islam, e che resiste ancora oggi, nonostante le vicissitudini del tempo. Sotto Abbas I il Grande (1588-1629) si rinnovarono l'esercito, l'amministrazione e l'organizzazione commerciale e la dinastia safavide raggiunse l'apogeo della potenza; simbolo della legittimazione fu la nuova capitale Isfahan, capolavoro dell'urbanistica medio orientale. La piazza rettangolare lunga mezzo km, ospitava tutti i bazar, la sede del governo e la moschea regale. Sull'altro lato della via alberata che conduceva al palazzo estivo dello Shah vi erano le residenze dei cortigiani e degli ambasciatori, un gigantesco bazar e cento moschee, che ancora oggi costituiscono il gioiello architettonico dell'Iran.
Abbas radunò nel paese un nutrito gruppo di ulema arabo-sciiti che assunsero il nome di mullah e il compito di elaborare un complesso dottrinale unitario con il quale istruire il popolo. Abbas gli inserì formalmente nel suo stato militare dall'organizzazione centralizzata: i mullah divennero una burocrazia religiosa controllata dallo stato cui furono affidati il settore amministrativo, educativo e religioso elevata ad aristocrazia terriera. Sulla base di un' esegesi letterale del Corano i mullah  dettero vita ad un Islam completamente basato sul diritto invece che sulla filosofia e sul sentimento mistico.
Al posto di alcuni esercizi di devozione sufi si promossero cerimonie rituali in onore del figlio di Alì, Husaim; al posto del pellegrinaggio alla Mecca si consigliò quello a Kerbala. Qui ogni anno gli sciiti solemizzavano il giorno della Ashura. Il decimo giorno del mese lunare "Muharram" che già dal 963 era giornata di lutto per l'uccisione di Husaim: le celebrazioni comprendevano digiuni e recite della passione, della vita e dei dolori del nipote del Profeta attraverso scene teatrali e una grande processione finale in cui alcuni gruppi si auto flagellavano a sangue pubblicamente. Tuttavia Husaim non venne più venerato come martire dell'ingiustizia, ma come garante per l'ingresso in paradiso.
Alcuni mullah restarono fedeli alla più antica tradizione; i mullah sciiti non affermarono mai che la porta della rivelazione è chiusa e che la religione avrebbe dovuto adattarsi maggiormente alle necessità attuali.
Il grande Abbas fu tanto crudele quanto determinato e fece uccidere la maggior parte dei suoi figli come possibili rivali. Gli successero così solo nipoti e pronipoti sotto i quali, nonostante la fioritura culturale, lo stato decadde velocemente. Nel 1722 Isfahan venne conquistata dagli afghani. Come conseguenza si scatenarono continue guerre con gli stati vicini e le province caddero nella confusione. L'Afghanistan, rimasto sunnita diventò indipendente solo verso la fine del XVIII secolo si affermò la dinastia turca dei Qajar che riunificò il paese.
Nel XIX secolo il regno persiano fu colto da una crisi religiosa e la sua élite fu sempre più esposta all'influenza politica e intellettuale dell'occidente; i mullah si distanziarono dal sistema politico e non vollero più riconoscere nello Shah l'imam nascosto. La salda classe dirigente sciita, tuttavia rimase intatta pur essendo ora in opposizione al sistema politico. Dal 1786 la capitale divenne Teheran; da cui nel XIX secolo si tentò di sviluppare una modernizzazione ispirata alla Gran Bretagna. Ben presto la Persia subì l'influsso della Russia zarista, che nel 1907 concluse a San Pietroburgo un accordo di spartizione con la Gran Bretagna: le zone a nord furono assoggettate alla Russia, mentre quelle a sud entrarono nella zona di influenza inglese.

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