lunedì 7 febbraio 2011

LA COSIDDETTA QUESTIONE PALESTINESE

In data odierna abbiamo registrato alcune interessanti novità intorno alla vicenda egiziana:
1 - Parlando all'Angelus, Benedetto XVI si è augurato che il "diletto" popolo egiziano ritrovi presto la pace e la concordia. Ancora una volta il Papa non ha perduto l'occasione per stupire: una immensa folla di milioni di persone, assolutamente pacifica, ha sostenuto l'assalto omicida prima della polizia di Mubarak e poi di teppisti prezzolati a 40 euro al giorno, limitandosi a una quasi inerme autodifesa, e si viene a parlare di pace e di concordia, quasi che questa non sia venuta a mancare a causa di un regime autoritario che dura da decenni. Probabilmente al Papa è sfuggito il fatto, documentato da televisioni non italiane, che durante la preghiera del venerdì i musulmani sono stati difesi dagli assalti teppistici dei provocatori da una catena umana formata da cristiani copti che inalberavano bandiere egiziane con la croce e con la mezzaluna, mentre Domenica sono stati i musulmani a difendere dal pericolo degli stessi assalti i cristiani in preghiera;
2 - Dopo le ripetute dichiarazioni del presidente Barack Obama e del segretario di stato Hillary Clinton, relative alla necessità di un pronto allontanamento di Mubarack come condizione per avviare un serio processo di rinnovamento di riforme democratiche, l'inviato del governo americano al Cairo, Frank Wiesner, si è spinto a dire che il Rais deve rimanere al suo posto per guidare la transizione: affermazioni che sono state ridimensionate dal dipartimento di stato americano, il quale ha precisato che il Signor Wiesner ha parlato a titolo personale;
3 - Contemporaneamente il presidente in carica dello stato di Israele, Simon Peres, ha dichiarato che l'eventuale partecipazione nel nuovo governo egiziano dei Fratelli Musulmani non potrebbe che essere causa di guerra, ribadendo con ciò il presunto carattere terroristico di quella che resta, per giudizio comune la più consistente forza politica, assolutamente estranea ad ogni forma di terrorismo esistente in Egitto.
Quest'ultimo evento ci fa sorgere il sospetto che esso sia da mettere in relazione con le singolari dichiarazioni del citato rappresentante americano, confermandoci nella convinzione che quando Israele fa soffiare un pò di vento le foglie americane stormiscono.
Per questo ci vediamo costretti a dedicare i prossimi post del nostro blog ad un'esposizione il più possibile dettagliata e documentata della cosiddetta questione israelo-palestinese. Chiariamo fin d'ora che le nostre fonti saranno documenti ufficiali dell'ONU, e un testo di cui raccomandiamo la lettura che, pubblicato con il titolo "Vittime" dalla casa editrice Rizzoli, è opera dello storico israeliano Benni Smith, attualmente docente dell'università di Beersheba (Israele).


Quello che viene nella prevalente opinione pubblica internazionale come il conflitto eterno tra israeliani e palestinesi, e non invece come un permanente comportamento di violazione di centinaia di risoluzioni dell'ONU da parte del governo di Tel Aviv, con conseguente vergognosa oppressione di un popolo rimane la più pericolosa situazione a livello mondiale, in grado a causa delle passioni che suscita e operante nel profondo delle coscienze non soltanto nei suoi attori principali di provocare un incontrollabile conflitto dai confini indefinibili: una sorta di "metastasi" storica con effetti che possono sfuggire ad ogni controllo. Per rendercene conto sarebbe stato sufficiente valutare l'intensità delle polemiche suscitate da un articolo di Barbara Spinelli la quale, con il suo noto e notevole coraggio intellettuale sosteneva la tesi secondo la quale la nascita dello stato di Israele è stata OBBIETTIVAMENTE una violenza contro il mondo arabo della quale prima o poi non solo Israele ma tutti quanti coloro la hanno sostenuto dovranno chiedere perdono.
Che Israele appaia con fondamento un insostenibile sopruso consumato ai danni dell'intera nazione araba è una circostanza difficilmente contestabile; ma, per essere chiari fino in fondo, uno stato che crede di trarre la sua legittimità da una promessa che Dio fece qualche migliaio di anni fa e la sua identità dalla religione praticata dai suoi cittadini è qualcosa che contrasta l'idea stessa di stato moderno. Va anche ricordato che i padri fondatori del movimento sionista avviarono la costruzione dello stato di Israele sulla base dello slogan "Un popolo senza terra, l'ebraico, per una terra senza popolo". Si sorvolava sul fatto che quella terra si chiamava Palestina e traeva il suo nome "Thilistin" o filistei che ci vivevano, con altri popoli ben prima degli ebrei; si sorvolava inoltre sul fatto che, in base alla Bibbia quella terra era stata promessa da Dio, ai "figli di Abramo", e cioè sia agli ebrei, sia agli arabi.
Non c'è bisogno di ricordare che a partire dal III secolo d.C. e dopo le distruzioni e le deportazioni operate dagli imperatori romani Tito e Adriano, la presenza ebraica in Palestina fu sempre marginale. I crociati trovarono in Terra Santa i turchi Selgiuchidi e i musulmani in genere: le poche migliaia di ebrei che risiedevano a Gerusalemme quando i crociati la conquistarono nel 1099 furono praticamente sterminate; e solo il sultano ottomano Suleiman il Magnifico permise a una piccola comunità di ebrei Sefarditi, scacciati dalla Spagna dai Re Cattolici, di stabilirsi in un quartiere di Al-Qutz (nome arabo di Gerusalemme).
Il filosofo francese Voltaire scrisse un quasi preveggente brano nel suo "trattato sulla tolleranza":
"Anticamente gli ebrei, rivendicando per benevolenza divina il diritto di sgozzare, derubare e anatemizzare gli idolatri massacrarono e scacciarono dalla loro terra numerosi popoli o ne risparmiarono solo le figlie nubili, destinate nella migliore ipotesi a diventare concubine. In tal modo essi si impossessarono del territorio degli Etei, dei Gebusei, degli Amorrei, dei Cinei e dei Samaritani. Con lunghe guerre costrinsero la confederazione delle 10 città dei Filistei a pagare tributi a re David: sulle modalità con le quali il re israeliano, "unto del Signore" condusse le sue guerre è conveniente non soffermarsi. Del territorio così acquisito essi furono privati dagli Assiri, dai Siriani e dai Romani. Più tardi quello stesso territorio fu occupato dai musulmani che vi sono insediati da più di mille anni. Credo che se oggi gli ebrei considerassero usurpatori i Turchi musulmani e si sentissero in diritto di assassinarli o di scacciarli per rientrare in possesso di quelle terre, non vi sarebbe altro modo di rispondere loro mandandoli in prigione; e questo sarebbe uno dei pochi casi in cui l'intolleranza sarebbe ragionevole".
Il brano riportato fu scritto nel 1764; e se a metà del XVIII secolo un filosofo europeo considerava assurda un'ipotesi paradossale, proviamo ad immaginare come sia apparsa agli arabi in generale e ai palestinesi in particolare la decisione dei francesi e degli inglesi di costituire in Palestina un "focolare ebraico".
Per rendere anche quantitativamente l'entità del "sopruso" è comunque sufficiente ricordare che, secondo il censimento del 1907 la popolazione della provincia ottomana di Palestina era di poco inferiore al milione: 600.000 arabi musulmani, 120.000 arabi cristiani, 50.000 tra Drusi e Armeni e meno di 20.000 ebrei. Durante la prima guerra mondiale inglesi e francesi convinsero gli arabi a condurre al loro fianco la guerra contro i Turchi: attraverso il loro agente Lawrence d'Arabia ad essi venne fatta la promessa di favorire la rinascita di un regno arabo esteso dai deserti d'Arabia fino al Tigri e all'Eufrate sotto la guida dello sceicco di Medina, l'Hascevita Feisal. Le tribù beduine combatterono eroicamente contro i Turchi, a prezzo di pesanti perdite, e prima che la guerra finisse arrivarono a conquistare Damasco. Naturalmente gli inglesi e i francesi non avevano nessuna intenzione di mantenere le promesse e portarono avanti una cinica operazione di spartizione coloniale delle spoglie dell'impero Ottomano. Invece del promesso regno indipendente gli arabi videro gli inglesi imporre il loro protettorato sulla Palestina e sull'Iraq, mentre i francesi si contentarono della Siria e del Libano. Feisal venne anche privato dello sceiccato dell'Hedyaz e di Medina che, probabilmente per umoristico spregio venne consegnato ai suoi nemici secolari appartenenti alla setta Wahabita guidata da Ibn Saud, fondatore appunto dell'Arabia Saudita. Feisal fu nominato re di un'area desertica cui venne dato il nome di Trans Giordania; come ciliegina sulla torta fu concesso al movimento sionista di costituire un "focolare ebraico" in Palestina.

La fine dell'800 aveva visto svilupparsi, intrecciati tra loro un ancora timido "Rinascimento arabo" e una crescita dell'immigrazione ebraica in Palestina stimolata dal nascente movimento sionista, che nel Congresso di Basilea del 1886 si era dato l'obiettivo di costituire in Palestina uno stato ebraico. La frammentazione della società palestinese prevalentemente stanziata nell'ultima fase dell'impero Ottomano in piccoli villaggi agricoli, facilitò gli sforzi degli ebrei volti ad acquistare terre; ma almeno fino al 1897 gli immigrati ebrei, in maggioranza fuggiti dalla Russia dove la persecuzione zarista esploda in periodici massacri (Pogrom) e non suscitarono reazioni ostili nella popolazione araba, che in gran parte considerava gli ebrei "fratelli in Abramo".
Il primo cambiamento radicale collegato alla crisi del dominio ottomani maturò alla fine della Prima Guerra Mondiale quando Francia e Gran Bretagna impostarono in Palestina un triplice gioco politico. Le due potenze, infatti dopo aver ottenuto la cobelligeranza araba con la promessa dell'indipendenza (1915) si impegnarono con la dichiarazione Balfour a riconoscere il diritto degli ebrei a costituire in Palestina un "focolare nazionale" (1917); nel frattempo, infine stipulavano segretamente gli accordi Sykes-Picot (1916). Con il trattato di Sevres (1920) la Gran Bretagna assunse il mandato della Società delle Nazioni per amministrare la Palestina, continuò a mantenere un atteggiamento peggio che ambiguo.
Gli inglesi infatti, pur dichiarando che il mandato aveva lo scopo di preparare gli arabi in Palestina all'indipendenza, continuarono a favorire l'immigrazione ebraica, che nel giro di pochi anni raggiunse le 35.000 persone. Gli ebrei, sulla base di precedenti esperienze di "autodifesa" avevano frattanto costituito l'organizzazione armata Haganah; e quando il Gran Mufti di Gerusalemme, massima autorità religiosa degli arabi palestinesi, proclamò la resistenza a oltranza contro l'espansione ebraica, lo scontro tra arabi e sionisti si radicalizzò, anche perchè nelle file ebraiche sorsero organizzazione estremiste che praticavano forme indiscriminate di terrorismo, dirette a terrorizzare la popolazione araba per spingerla alla fuga. Nel solo mese di Luglio 1937 gli attentati dell'associazione "Irgun Zewi Leumi" provocò nei mercati, nei mezzi di trasporto e nei luoghi di spettacolo oltre 3000 vittime, la maggior parte nella città di Haifa, la cui popolazione araba subì una drastica riduzione.
Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale gli inglesi, al fine di ovviare alla crescente anglofobia araba, abilmente alimentata dal regime fascista italiano e da quello nazista tedesco, limitarono drasticamente l'immigrazione ebraica proprio quando scoppiavano in Europa le persecuzioni anti semitiche naziste. Non è inopportuno ricordare che Benito Mussolini, pure essendo reduce dalla guerra di sterminio condotta contro la rivolta libica di Omar Al-Muktar, si fece fotografare a cavallo mentre impugnava una spada donatagli da un notabile libico, con la didascalia ridicola "La Spada dell'Islam"; Hitler, da parte sua ospitò personalmente il Gran Mufti di Gerusalemme Al-Husayni, condannato all'esilio dagli inglesi: il Fuhrer considerava gli ebrei degli "Untermenschen" (sotto uomini) e gli arabi "mezze scimmie"; ma Husayni era alto, biondo e aveva gli occhi azzurri e quindi nelle farneticazioni dei nazisti era sicuramente discendente di un legionario romano di stirpe germanica, al pari di Gesù.

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