"Quello che vorremmo trasmettere, in modo chiaro e immediato, è cosa fa parte dell'Islam e cosa no. Vogliamo sottolineare che l'Islam rispetta tutti gli altri, non li giudica perché solo Dio ha il diritto di giudicare, non lede la libertà o il diritto altrui; perché soltanto Dio converte i cuori, mai gli uomini e tanto meno la forza. Perciò non c'è alcun disprezzo per chi non è come noi, ne intendiamo fare prosemitismo. Nessuna costrizione può esservi nella religione.
Se Dio avesse voluto avrebbero creduto in Lui tutti coloro che sono sulla terra. Vuoi forse tu costringere tutti gli uomini fino a che siano credenti? Ricorda, tu sei solo un ammonitore ma non sei sui non credenti il loro impositore. Non è su di te la guida, ma è Allah che guida chi vuole. Un'anima può credere solo con il permesso di Allah. Noi intendiamo solo far conoscere a chi lo desidera cos'è l'Islam originario, quali ne sono le fonti e le regole principali."
Le citazioni che precedono sono tratte dall'introduzione di un libro che, tradotto in italiano, reca il titolo "20 principi fondamentali per conoscere l'Islam". L'autore è l'imam Hassan Al-Banna, egiziano, fondatore e capo spirituale di quella "terrificante setta" che agita i sogni di quanti non conoscono nulla dell'Islam: i Fratelli Musulmani.
I suoi 20 principi o fondamenti dell'Islam sono rivolti ai musulmani perché conoscano i principi del vero Islam; ma essi non sono qualcosa che si vuole imporre a chi musulmano non è. Spacciare quindi il fondamentalismo islamico come una sorta di codice repressivo di una sorta di inquisizione musulmana è uno dei tanti misfatti che il cosiddetto occidente ha perpetrato e seguita a perpetrare nei confronti della religione islamica.
Pronunciai la formula di conversione all'Islam 3 anni fa ed ebbi subito modo di pesare sulla mia pelle i pregiudizi, i luoghi comuni, il disprezzo che specialmente in questa parte di Italia colpiscono i musulmani. I commenti più benevoli alla mia conversione furono: "Deve essere impazzito!"; ma non più tardi di 4 giorni fa una gentile signora che non ha, dato il suo coraggio declinato le sue generalità, mi ha onorato di una sua telefonata anonima che con un eufemismo definirò "una valanga di insulti": aveva appena letto della mia elezione a rappresentate legale dell'associazione dei musulmani italiani residenti a Vicenza.
Può apparire un eccesso di egocentrismo parlare di un caso personale all'interno di un evento storico, destinato a cambiare profondamente la fisionomia del Mediterraneo, ma non è così.
In un articolo comparso sul Corriere della Sera un lettore, di quelli che, almeno, trattano con rispetto quelli che hanno una fede religiosa diversa ha ritenuto di ravvisare, tra le ragioni della tumultuosa rivolta dei popoli nord africani e, presumibilmente dell'intero mondo arabo, l'umiliazione che è stata inflitta a questo mondo da despoti spietati e avidi messi a comandare intere nazioni per difendere gli interessi economici dell'occidente.
Non vi è dubbio che questa è una possibile ragione ma individuarla come l'unica o come al predominante trascura ben altre più gravi ragioni.
La causa della rivoluzione panaraba è l'umiliazione inflitta a popoli di antica civiltà verso la quale l'Europa è in forte debito con un dominio coloniale arbitrario, rapace, feroce e sanguinario da parte delle cosiddette potenze europee.
Chi ha tanta paura del cosiddetto fondamentalismo islamico dimentica che la colonizzazione francese imposta all'Algeria per più di 100 anni è costata al popolo algerino una guerra di liberazione con oltre un milione di morti; la colonizzazione stracciona dell'Italia pre-fascista e fascista sulla Libia, e in particolare sulla Cirenaica è stata pagata dalle popolazioni libiche con oltre 200 mila morti su una popolazione di un milione; l'Egitto della grande università di Al-Azhar, della grande biblioteca di Alessandria per millenni una delle culle della civiltà umana, ha dovuto subire l'ignominia di un ingiustificato protettorato inglese; popoli civilissimi, discendenti anch'essi da civiltà che sono alla base della nostra cultura (la Mesopotamia dei Sumeri e dei Babilonesi, la Persia di Ciro il Grande e del grande poeta Omar Kayan) sono state oggetto di contesa tra Francia, Inghilterra e Russia, con la ciliegina finale della creazione dello stato di Israele. A tutto questo e ad altro ancora le vittime di un'aggressione secolare hanno reagito con il fondamentalismo e con l'estremismo che è tipico della lotta più disperata. Ma l'occidente ha fatto finta di nulla, ha pensato solo a perpetuare l'utilizzazione delle risorse naturali di quei paesi, mettendo a guardia di tale possibilità i despoti che negli ultimi 50 anni hanno governato i popoli arabi con la polizia segreta, con le milizie private, con la totale mancanza di libertà, con il latrocinio più totale, che ha ridotto in miseria un paese ricco come l'Algeria.
E già che ci siamo io, sunnita, parlerò anche di ciò che è avvenuto nell'Iran degli Ayatollah sciiti; e lo faccio sottolineando che tra sciiti e sunniti non corre buon sangue. Nell'Iran post-bellico, affidato da un accordo tra sovietici e americani al giovane Shah Reza Pehlevi si tennero elezioni democratiche che vennero vinte dal partito nazionalista Istaqlal che in coalizione con il partito comunista Tudeh nominò come primo ministro il nazionalista Mossadeq. L'anziano leader era un uomo di formazione culturale occidentale, ma ebbe il torto di nazionalizzare i pozzi di petrolio e le raffinerie di Abadan, terreno di caccia delle Sette Sorelle del Golfo. Mossadeq restò capo di governo per poco più di un anno; poi un bel colpo di stato lo destituì e, tra massacri, deportazioni, torture di massa l'Iran venne consegnato al potere tirannico dello Shah. Mossadeq morì in manicomio ma i suoi seguaci e i militanti del Tudeh furono oggetto di caccia spietata con decine di migliaia di morti.
Il potere dello Shah durò qualche decennio, poi il popolo iraniano perse la pazienza e lo costrinse alla fuga dal paese, dopo che per più di un mese le milizie monarchiche provocarono solo a Teheran dieci mila vittime, sparando ad alzo zero sulle folle che manifestavano contro la tirannia.
Il potere passò nelle mani del clero sciita, sotto la guida dell'Ayatollah Khomeini, rientrato dal lungo esilio da Parigi. Pensare che dopo una feroce tirannia e con la distruzione della borghesia colta e illuminata potesse nascere in Iran una qualche forma di democrazia rientra nelle illusioni ipocrite dell'occidente. Khomeini fu un tiranno, del genere di quelli che vanno al potere con una rivoluzione di un popolo esasperato; ma si dimentica che dopo di lui furono eletti presidenti dell'Iran un moderato come l'Ayatollah Raf Sajani e un uomo colto come Khatani, un filosofo laureato in filosofia teoretica in un'università tedesca. L'Iran conobbe un periodo di cauta liberalizzazione nonostante l'aggressione subita da Saddam Hussein, armato fino ai denti dagli americani (fu il futuro ministro della difesa statunitense che lo rifornì di gas). L'Iran pagò l'aggressione con un milione di morti, ma il popolo iraniano costrinse Saddam a ritirarsi con la coda tra le gambe. L'avvento al potere di un estremista demagogo come Ahmadinejad è stato in notevole parte il frutto velenoso della guerra di Bush ai confini dell'Iran, e dietro al fine proclamato di esportare la democrazia e combattere Al Qaida nascondeva in maniera anche abbastanza rozza il proposito di impadronirsi del petrolio iraniano e di trarre lauti guadagni dalla ricostruzione di un paese praticamente distrutto.
L'Iran non è certo un paese dalle istituzioni liberali ma è piuttosto una insopportabile tirannia: e tuttavia in questo paese il 47% dei laureati è di sesso femminile, la maggioranza dei medici è di sesso femminile, la minoranza ebraica ha diritto in base alla Costituzione ad avere 4 deputati in parlamento, mentre ai cristiani caldei è consentito coltivare vasti vigneti nonostante gli sciiti musulmani non bevano vino. Gli Ayatollah commentano: "I cristiani usano il vino nella loro Santa Messa". Non più tardi di 3 anni fa gli Ayatollah, preoccupati dalla esplosiva crescita demografica della popolazione hanno condotto in prima persona una decisa campagna per la limitazione delle nascite fino a distribuire anti concezionali subito dopo la preghiera del venerdì nelle moschee.
Si faccia il confronto, a proposito di fondamentalismi con il discorso del papa che ha condannato l'uso del preservativo dei paesi africani, dove il 30% della popolazione risulta siero positiva ai test sull'Aids.
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