giovedì 17 febbraio 2011

IL CONFLITTO ISRAELO PALESTINESE 5a parte

Il trattato di pace che Israele aveva siglato con l'Egitto e subito dopo con la Giordania aveva creato nell'opinione pubblica israeliana la convinzione che ormai lo stato ebraico poteva cominciare a vivere in una condizione di sicurezza. A neutralizzare gli sporadici tentativi di rivolta dei palestinesi di Cisgiordania e di Gaza era sufficiente usare con la dovuta durezza un'articolata attività repressiva che andava dalla deportazione all'espulsione degli elementi ritenuti più pericolosi, alla distruzione delle abitazioni, delle famiglie di soggetti sospettati di essere simpatizzanti dell'OLP, alla distruzione dei raccolti, degli uliveti e delle piantagioni di agrumi. Le carceri israeliane arrivarono ad avere circa 10 mila prigionieri politici. A supplemento di tutti questi accorgimenti andò intensificandosi la costruzione nei territori occupati di un reticolo sempre più fitto di installazioni militari e di colonie strategiche armate fino ai denti, che sottraevano all'avversario le terre più fertili e minavano dalla base l'ipotesi di uno stato palestinese autonomo con un suo credibile territorio. L'ultima pennellata dell'oppressione israeliana erano gli assassini mirati  della Mossad (il servizio segreto israeliano) consumati ai danni dei personaggi di spicco della società palestinese trasferiti all'estero: tra gli altri un pacifico poeta da anni residente a Roma e fraterno amico dell'ebreo Alberto Moravia e di Pierpaolo Pasolini. Rimaneva la spina nel fianco della presenza organizzata dell'OLP nelle basi libanesi dove i palestinesi si erano inseriti nella ultra ventennale guerra civile a schieramenti variabili di tutti contro tutti (cristiani contro musulmani, musulmani sunniti contro sciiti, drusi contro tutti, siriani molto elastici nella scelta degli alleati) che era tuttavia sostanzialmente una lotta tra le forze economicamente dominanti costituite dalla ricca borghesia libanese per lo più cristiana e le popolazioni arabe relegate nelle fasce più basse della società che nei palestinesi trovavano un naturale alleato.
Le truppe israeliane, per stroncare gli sporadici attacchi contro gli insediamenti della Galilea settentrionale che, per la verità, non facevano gran danno, sferrarono ripetuti attacchi contro il territorio libanese fino ad occuparne, in stretta alleanza con le bande cristiano maronite, la parte a sud del fiume Litani: alle azioni di terra fecero riscontro spietati bombardamenti che distrussero le città di Tiro e Sidone e, soprattutto i campi di profughi che vi erano stanziati.
Nel 1982 infine Israele concepì un'operazione di vaste dimensioni che venne denominata "Operazione pace in Galilea". Nel Giugno 1982 l'esercito della stella di David invase il Libano sotto la guida del ministro della difesa israeliana Ariel Sharon con lo scopo di ridurre al silenzio l'OLP. Il sanguinoso conflitto che ne seguì attirò su Israele la disapprovazione della comunità nazionale, anche per la ferocia con cui l'invasione venne portata avanti. Beirut venne bombardata ininterrottamente per oltre un mese; giunti alla periferia della città gli israeliani si fermarono per cedere il passo alle milizie cristiano maronite desiderose di vendicare l'uccisione del loro leader Bashir Gemayel. Grazie all'illuminazione a giorno organizzata dagli israeliani i miliziani cristiano maroniti si scatenarono contro le inermi popolazioni dei campi profughi di Sadra e Chatila e vi massacrarono 3000 persone soprattutto donne e bambini. L'efferatezza di tale massacro portò ad un voto di condanna da parte dell'assemblea generale dell'ONU e persino le dure critiche del presidente americano Ronald Reagan, che intimò telefonicamente al primo ministro israeliano Begin di interrompere immediatamente tutte le operazioni militari a cominciare dal bombardamento di Beirut. Il primo ministro si dimise e salì al potere Isaack Shamir, che non poté non obbedire alle intimazioni del protettore americano ordinando il ritiro delle truppe israeliane. In cambio con la mediazione statunitense l'impero stato maggiore dell'OLP ottenne il salvacondotto per lasciare il Libano e per trovare rifugio a Tunisi, dove i palestinesi ripresero la loro azione diplomatica. Il ministro della difesa Sharon, messo sotto accusa per crimini di guerra, dalla maggioranza del parlamento israeliano, fu dall'alta corte di giustizia di Gerusalemme costretto al ritiro dalla vita politica.
Una svolta importante si registrò in campo palestinese nel Dicembre 1987 con lo scoppio in Cisgiordania della prima "Intifada" (rivolta) e cioè con la sollevazione spontanea dei territori occupati che l'esercito israeliano tentò, senza riuscirci, di stroncare con una repressione che fece inorridire il mondo intero: l'opinione pubblica mondiale ebbe infatti modo di assistere al tragico spettacolo di migliaia di giovani palestinese che affrontavano le truppe corazzate israeliane a sassate, mentre i soldati israeliani, scesi dai carri, li catturavano e spezzavano loro le gambe e le braccia a colpi di calci del fucile. Particolare raccapriccio suscitò la scena trasmessa nelle televisioni di tutto il mondo di un padre che cercava di proteggere con le mani il figlioletto di 10 anni dal tiro a segno dei soldati israeliani. Le atrocità crearono finalmente una svolta nell'opinione pubblica mondiale, non più disposta a credere alla favola dell'agnellino israeliano (un carro armato ha famiglia) esposto alla ferocia genocida di masse arabe assetate di sangue. Arafat capì che era il momento di una scelta coraggiosa e, dopo un memorabile discorso tenuto all'assemblea dell'ONU, dove finalmente una delegazione palestinese era stata ammessa come "osservatrice" proclamò nel Novembre del 1988 la nascita dello stato indipendente palestinese che, pur avendo confini indefiniti, doveva nei propositi del consiglio generale dell'OLP comprendere Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme est. Arafat venne nominato presidente del potenziale stato e il consiglio generale dell'ONU deliberò il riconoscimento del diritto di Israele all'esistenza, togliendo così dall'arco della propaganda sionista la freccia della possibilità di una nuova Shoah da parte degli arabi.

Nessun commento:

Posta un commento