L'espulsione dell'OLP dalla Giordania, cui seguì la morte di Nasser e la "elezione" di Sadat alla presidenza dell'Egitto avrebbe potuto consigliare gli israeliani a cogliere l'occasione più favorevole per giungere ad una pacifica sistemazione del loro conflitto con il mondo arabo e, in particolare, con il popolo palestinese. Molto più di Nasser, Sadat era disponibile a seguire una politica "guidata dal governo americano, che in politica estera era ispirato alla realpolitik del segretario di stato Henry Kissinger che, non si era opposto a una deliberazione dell'assemblea generale delle nazioni unite, la quale aveva ribadito la necessità di costituire uno stato palestinese indipendente nei territori occupati da Israele nella guerra dei sei giorni (Striscia di Gaza, Gerusalemme est, Cisgiordania). Con l'Egitto la pace si sarebbe potuta realizzare attraverso la restituzione della penisola del Sinai mentre con la Siria sarebbe stato sufficiente restituire le colline del Golan, nel quadro di un principio "restituzione dei territori in cambio della pace".
In buona sostanza si richiedeva una sorta di ammissione del debito israeliano nei confronti del mondo arabo, e in particolare un gesto generoso incentrato su un progetto di patria palestinese. Perché questo risultato fosse possibile sarebbe stata necessaria una classe politica sionista capace di una visione storica e morale; e invece i governi di Israele erano costituiti da un personale mediocre e da una classe di demagoghi tutti presi dai loro calcoli elettorali, pronti a cavalcare le ondate ultra nazionaliste, ultra religiose ed espansioniste scaturite dalla vittoria; e in tal modo restò in capo ad Israele il peso e la responsabilità della "mancata ammissione di un debito". In concreto una delle occasione di pace perdute si ebbe nel 1971 quando l'ONU affido allo svedese Gunnar Jarring l'incarico di una mediazione. Il diplomatico scandinavo parlò a lungo con le delegazioni israeliane ed egiziane e, in forma non ufficiale con i rappresentanti dell'OLP; alla fine egli scrisse due lettere di identico tenore ai governi di Sadat e di Golda Meir. A Sadat fu chiesto: "Se Israele restituisce i territori occupati nel 1967 siete pronti a firmare un trattato di pace?". Sadat rispose di si. A Golda Meir venne chiesto: "Siete pronti a restituire la penisola del Sinai all'Egitto e le alture di Golan alla Siria oltre a consentire che in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza nasca finalmente uno stato palestinese se i governi arabi si dicono disposti a una pace definitiva?". Nel governo israeliano il solo ministro degli esteri Abba Eban era per una risposta affermativa gli altri, da Golda Meir a Moshe Dayan risposero di no e proclamarono l'ammissione della parte araba di Gerusalemme e delle alture di Golan.
L'opinione pubblica israeliana fu ancora più drastica e nelle elezioni del 1972 diede la maggioranza allo schieramento di destra guidato dal Likud che nominò primo ministro l'ex terrorista Menachem Begin. Kissinger si convinse che era il momento di intervenire sia pure sotto banco e assecondò, di fronte all'arenarsi di ogni iniziativa diplomatica, una guerra di cui dovevano essere protagonisti l'Egitto e la Siria. Il nuovo conflitto esplose il 6 Ottobre 1973 (cosiddetta guerra del Kippur). Gli eserciti egiziano e siriano colsero gli israeliani di sorpresa e le truppe egiziane riuscirono a varcare il canale di Suez ed a avanzare nel Sinai. L'esercito israeliano riuscì a bloccare l'attacco dopo giorni di dura lotta (l'armistizio fu firmato il 24 Ottobre) ma nonostante non vi fosse stata una sconfitta rovinosa, l'impatto psicologico della guerra fu disastroso per gli israeliani, il che inclinò notevolmente il prestigio della classe politica di governo. Alle elezioni del Dicembre 1973 i partiti di opposizione di destra guadagnarono terreno. Pur nell'instabilità governativa, che determinò la sostituzione di Golda Meir con Yitzhak Rabin, i laburisti continuarono ad essere il perno di ogni coalizione governativa, ma dopo 30 anni di indiscusso potere, il loro partito sembrava ormai logorato da contraddizioni di fondo come l'antinomia tra socialismo e capitalismo e quella fra sciovinismo anti arabo e pacifismo. Il governo israeliano riconsegnò una piccola parte dei territori strappati ad Egitto e Siria, ma i parzialissimi accordi stipulati non rappresentarono reali passi avanti verso il raggiungimento di una vera pace. Anche riguardo alla questione palestinese Israele continuò a rifiutare di considerare l'OLP, un valido interlocutore, anche perché nonostante esso fosse ormai relegato a un sostanziale esilio in Libano le sue azioni di guerriglia e di terrorismo non si erano mai interrotte e avevano anzi raggiunto il punto più alto con l'attentato alla squadra olimpionica israeliana nelle olimpiadi di Monaco (operazione denominata "Settembre Nero", Ottobre 1972).
Nel 1977 Rabin fu costretto a dimettersi e a indire elezioni anticipate; le consultazioni premiarono nuovamente il Likud e portarono a un'alleanza di raggruppamenti di destra, che costituì un governo guidato ancora una volta da Begin. Questi intavolò un negoziato di pace diretto con il Cairo, che si concluse nel 1979 con la firma dell'atteso trattato di pace tra Israele ed Egitto (accordi di Camp David). Le nuove elezioni confermarono la maggioranza di destra e Begin ricoprì nuovamente la carica di primo ministro. Egli compì tutti i passi necessari a rafforzare la pace con l'Egitto compresa la restituzione del Sinai 1982; ma nei confronti dei palestinesi di Gaza e di Cisgiordania, il primo ministro israeliano rimase fermo nella convinzione di non poter andare oltre una limitata autonomia. Egli decise inoltre (Dicembre 1981) di annettere le alture di Golan strappate ai siriani.
La miope posizione israeliana nei confronti dell'OLP non aveva assolutamente tenuto conto dei decisi mutamenti avvenuti nel campo arabo palestinese. Nel 1974 il mondo arabo riconobbe il diritto esclusivo dell'OLP a rappresentare il popolo palestinese e convinse l'organizzazione a percorrere le vie della diplomazia pur senza abbandonare la lotta armata. L'OLP stabilì allora che il suo obbiettivo era la costituzione di uno stato palestinese nei territori occupati da Israele, dove continuavano a insediarsi numerose colonia ebraiche. La diligenza palestinese, dal canto suo aveva ricostituito le proprie basi in Libano dove, nei campi profughi, si trovavano negli anni 70' circa 500 mila palestinesi: da li partivano continue incursioni contro obbiettivi in territorio israeliano.
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