mercoledì 23 febbraio 2011

IL DIRITTO ISLAMICO - 3a parte

FONTI DEL DIRITTO ISLAMICO:


A - FONTI PRINCIPALI. 
La prima fonte è il Corano. Dio è il Legislatore Unico: "Egli ha stabilito per voi, nella religione la stessa via che aveva raccomandato a Noè, ad Abramo, a Mosè, a Gesù, e quella che riveliamo a te o Muhammad". La legge è conosciuta attraverso la parola di Dio rivelata, il Corano.
La seconda fonte è il corpus dei hadith, che contiene le parole e le azioni di Muhammad, cioè la Sunna (tradizione del Profeta). Verso la fine del VII secolo, la Sunna profetica cominciò ad essere considerata fonte interpretativa del Corano e il hadith ne era il documento, prima orale poi scritto. Poco dopo se ne formarono piccole raccolte, mentre al IX risalgono le raccolte classiche dei hadith, classificati per temi di cui le due più importanti sono quelli di Al-Bukhari (m. 870) e di Muslim (m. 875). Il sistema islamico afferma che il Corano è rivelato da Dio al Profeta, mentre il hadith è ispirato, cioè contiene le parole e le azioni di Muhammad ispirate da Dio.
I hadith sono una produzione terminata; se ne conoscono quasi un milione, raccolti e ordinati in numerosi trattati da vari tradizionalisti. Queste raccolte hanno un valore normativo diverso per i musulmani, che ritengono degne della massima considerazione quelle di Al-Bukhari e di Muslim, entrambe chiamate Al-Sahih (l'autentico). Gli studiosi islamici considerano autentici circa 7000 hadith.
La stra grande maggioranza dei hadith furono fabbricati durante i primi secoli dell'Islam senza alcuna attinenza diretta con il Profeta o con i suoi diretti compagni, e per le più svariate ragioni politiche, settarie, eretiche, dottrinali, consuetudinari attribuite a posteriori al Profeta per avvalorarne l'autorità. Il hadith è perciò una fonte della religione e del diritto inevitabilmente al centro di aspri dibattiti sulla sua attendibilità.

B - IL FIQH .

Dopo la morte di Muhammad i problemi crescenti della Umma richiedevano sempre nuove soluzioni; e da quel momento si cominciò ad elaborare il diritto islamico in senso stretto e cioè il Fiqh.
I propulsori di esso, nei primi 2 secoli dell'Islam, furono quei "devoti" che, volendo improntare il diritto di idee morali e religiose cominciarono una riflessione personale per islamizzare la società, grazie all'applicazione della Sharia. Già nell'epoca dei califfi Omayyadi i governatori delle provincie nominarono i primi giudici (Qadi) per risolvere le controversie tra musulmani. Si trattava perciò di tribunali religiosi, nei quali si ammodernava l'amministrazione della giustizia attraverso il passaggio dall'arbitrato tribale allo stato che si faceva garante della giustizia. I Qadi emettevano sentenze riflettendo sulla Sharia primaria, ma facendo riferimento anche al diritto consuetudinario degli arabi e alle istituzioni giuridiche dei paesi conquistati, perché le fonti primarie non risolvevano tutte le situazioni. Essi esercitarono un ruolo di interpretazione creativa, mediante il ragionamento (Ijtihad, sforzo continuo di riflessione personale). Oltre all'esercizio del ragionamento per analogia che risolveva i casi nuovi con i casi simili presenti nel Corano, nei hadith e nella giurisprudenza precedente essi esercitarono una Ijtihad basata sulle due fonti principali e sul Ra' Y (opinione personale).
Il Ra'Y è il giudizio del giurisperito "secondo equità" che può avvenire per opinione discrezionale (Istihbab), della decisione personale e razionale (Istihsan) e della scelta in base all'interesse generale (Istihlah o Maslaha).


Al tempo del califfato degli Omayyadi nacquero le scuole di diritto (Madha' Ib) in cui ogni membro conservava una grande libertà d'opinione. Sedi delle scuole principali furono Kufa, Bassora, Medina, la Mecca e Damasco che si svilupparono in modo indipendente fra loro. La teoria giuridica elaborata nelle scuole consisteva nelle tradizioni giuridiche viventi chiamate Sunna o 'Amal pratiche ideali (unificate dall'Ijma, consenso medio dei sapienti delle singole scuole).
Ijma acquistò grande importanza grazie a un hadit riguardante l'infallibilità della Umma: "La mia comunità non si accorderà mai su un errore". In tal modo la Ijma divenne ben presto la terza fonte del diritto dopo il Corano e gli hadit. Le scuole si trasformarono rapidamente in scuole personali basate sulla tradizione del maestro e sui suoi successori. Così Kufa divenne la scuola di Abu Hanifa, Medina la scuola di Malik Ben Anas; una scuola minore fu quella di Sufyan Al-Thawri, la Siria si basò su Al-Awza' I; iniziarono poi le scuole dei discepoli di Al-Shafi' I e di Ibn Hanbal e nacque infine la scuola della Zahiriyya. Dopo il 1300 sopravvissero solo le quattro scuole classiche.
Poco prima dell'anno mille le fonti del diritto islamico furono fissate e il grande storico Al-Tabari definì la Sunna della sapienza islamica come il Corano, la scienza religiosa e il Fiqh, le fonti canoniche del quale divennero quindi: Il Corano, fonte testuale rivelata da Dio; il hadith/Sunna (tradizione o fonte testuale ispirata); Ijma (consenso della Umma espresso dai giuristi); Ijtihad (sforzo di riflessione personale dei dottori delle scuole); 'Urf (costume, ammesso solo da alcuni giuristi.



Questi principi comuni sono chiamati Usul Al-Fiqh (Fonti del Diritto). La scienza che intorno ad esse è stata costruita fu sistematizzata dall'importante capo scuola Al-Shafi'I: "Il Corano e la Sunna vi sono indicate come le autorità assolute e primarie: in particolare del Corano si evidenzia che contiene circa 700 versetti giuridici di cui 500 riguardano le Ibadat e 200 le Mu'Amalat. Va aggiunto che la Sunna è diventata nel tempo il supporto del tradizionalismo conservatore arabo, ma tuttavia ha subito grandi trasformazioni; ed infatti il Corano chiama Sunna il costume di Dio (e cioè il modo abituale di comportarsi. Dopo la morte del Profeta Sunna indicò le parole e le azioni di Muhammad e dei suoi Compagni, ispirati da Dio e cogenti: "Abbiamo inviato un messaggero affinché sia obbedito per volontà di Dio". Muhammad è considerato esempio per tutta la comunità: "Avete nel Messaggero di Dio un bell'esempio per voi, per chi spera in Allah e nell'Ultimo Giorno e ricorda Dio frequentemente". Con l'avvento dell'Islam il califfo assordì il ruolo dell'antico giudice dell'amministrazione della giustizia e diventò egli stesso il produttore della Sunna. Poiché l'impero islamico si ingrandì velocemente, il califfo non poté esercitare personalmente tutte le funzioni giurisdizionali, e delegò l'amministrazione della giustizia pur restandone il titolare. In tal modo la nozione della Sunna ebbe un'evoluzione grazie ai giuristi delle scuole del Fiqh. Nacque così l'idea di Sunna del Profeta, contenuta nei hadith che divenne progressivamente una fonte oggettiva del diritto per la pressione dei trasmettitori di hadith e che finì con l'identificarsi con la pratica ideale attuale e ininterrotta della Umma e con la dottrina degli Ulema.
Grazie all'Ijma e all'Ijtihad il diritto islamico dei primi 3 secoli fu un sistema capace di rispondere alle esigenze socialu, anche se successivamente diventò un sistema statico e sacrale. 
Poiché il mutamento culturale e sociale era inarrestabile, nelle nuove situazioni di vita ricorsero all'uso delle Fatwa (consultazione giuridica e risposta di un giureconsulto). le Fatwa avallate dal consenso dei dotti entrarono a fare parte del patrimonio delle scuole giuridiche. Successivamente si aggiunse la dottrina che i grandi Ulema del passato avevano esaurito la loro funzione e che i giuristi dovevano limitarsi a spiegare e ad applicare la dottrina fissata una volta per sempre. Il pensiero attuale delle scuole finì con l'essere attribuito rispettivamente all'uno o all'altro compagno del Profeta scelto come fondatore, mentre la chiusura delle porte del Ijtihad condusse alla fissazione delle 4 grandi scuola giuridiche che definiscono con alcune diversità nei fondamenti e nei contenuti l'ortodossia interpretativa della Sharia.

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