venerdì 11 marzo 2011

STORIA DELL'ISLAM - Il colonialismo europeo

                                                                     Premessa


Piero Ostellino, nel suo articolo che richiama i vaneggiamenti di Oriana Fallaci, ha sostenuto tra le altre sciocchezze che gli arabi non hanno neppure l'idea di libertà e non sanno che cosa significhi. Nella lingua araba c'è un vocabolo, Hurriyyat, che significa libertà; e è convinzione pressoché unanime dei linguisti, dei glottologi e dei filosofi che quando in una lingua c'è un vocabolo ad esso normalmente corrisponde un concetto o un'idea. Nel momento in cui nella lingua araba c'è una parola che designa la libertà consegue che nell'universo culturale arabo vi è anche chiara l'idea di libertà. Ma a parte le considerazioni nominalistiche, che hanno per altro una storia nello sviluppo della ricerca filosofica occidentale, Piero Ostellino e i cialtroni come lui dovrebbero allora spiegare per quali motivi alcune delle guerre di liberazione più lunghe e sanguinose contro le dominazioni straniere siano state combattute da popoli arabi che, senza eccezioni hanno subito per periodi più lunghi prolungati dominazioni coloniali europee tra le più feroci e sanguinarie: e dovrebbe anche spiegare perché i processi di decolonizzazione sono iniziati nei paesi arabi e musulmani in genere tanto da far scrivere allo storico delle religioni Ambrogio Donini, comunista, che probabilmente la grande intensità delle lotte di liberazione dei paesi arabi abbiano trovato la loro inusuale radice nella religione islamica, che a differenza di altre religioni, non può per questo essere definita "oppio dei popoli".
Per questi motivi inizieremo l'esposizione delle vicende del colonialismo europeo nei paesi di religione musulmani dalla storia della lotta del popolo algerino contro la dominazione francese.


L'ALGERIA 
Dopo lo smembramento dei califfati arabi il Maghreb acquistò una sua sostanziale autonomia storico-politica. Ancora unito sotto l'impero dei Fatinidi, poi sotto le dinastie degli Almoravidi e degli Almohavi si venisse successivamente sotto varie dinastie; ma di fatto il suo territorio fu soprattutto sede di grandi tribù beduine e Tuaregh prima di diventare nel secondo decennio del XVI secolo un pasciàlato dell'impero ottomano. Di fatto la costa algerina diventò soprattutto una base dei pirati barbareschi che imperversavano nel Mediterraneo in spietata concorrenza con le azioni di carattere piratesco delle repubbliche marinare di Genova e di Venezia. Il carattere di base dei pirati dell'Algeria non cambiò neanche quando alla sua guida venne posto dal sultano di Costantinopoli un governatore autocratico, il Dey (1711).
La presenza politica europea iniziò nell'800. Per proteggere la propria penetrazione commerciale che datava dal secolo XVI, la Francia occupò Algeri nel 1830, quindi estese gradualmente il suo dominio nonostante l'ostinata ostilità della popolazione che certamente non poteva sopportare quella che può essere considerata la peggiore forma di colonialismo, e cioè il colonialismo di popolamento che si sviluppa con il trasferimento di grandi masse di popolazione dalla potenza coloniale alla entità colonizzata, con sempre più estesi fenomeni di esproprio di terre (soprattutto le più fertili), realizzato con la violenza armata . Per fare degli esempi sono state colonizzazioni di popolamento quella italiana di Libia o per citare il caso più macroscopico la colonizzazione del nord America da parte degli europei che ha portato al sostanziale sterminio della popolazione indigena. Nei tempi moderni una colonizzazione di popolamento particolarmente spietata è quella che i sionisti praticano in Palestina.
Per stroncare la resistenza della popolazione algerina, iniziata praticamente all'indomani dell'occupazione di Algeri, una spedizione di circa 37.000 uomini comandata dall'ammiraglio Duperré e dal maresciallo Boumont portò alla caduta di Orano e Bona e alla capitolazione definitiva di Algeri. La Francia riuscì a estendere gradualmente il suo dominio nonostante la sua sempre più accanita resistenza delle popolazioni arabe e berbere. A partire dal 1834 di affermarono due poteri indigeni che organizzarono la resistenza all'invasore: il Bey Achmed nella regione di Costantina e, in Algeria occidentale lo sceicco Abd El-Kader. D'altro canto ai francesi sembrava interessare, almeno in un primo momento l'occupazione di basi marittime più che dei territori dell'interno. Fu così che nel 1837 essi riconobbero con il trattato di Tafna l'esistenza di due poteri e sembrarono confermare l'ipotesi di un'occupazione limitata. Tuttavia, come era prevedibile, i francesi non tardarono a stracciare il trattato. Abd El-Kader organizzò allora una diffusa resistenza armata ma dovette arrendersi nonostante il valore nel 1847. Dopo la cattura, quasi in omaggio al suo valore le autorità francesi evitarono di condannarlo a morte e si limitarono ad esiliarlo presso il sultano di Costantinopoli, dove visse fino al 1867 anno in cui si adoperò coraggiosamente nella difesa dei cristiani ortodossi perseguitati dal nascente nazionalismo turco. Quella di Abd El-Kader fu una guerra vera e propria, cui seguì una fase di "pacificazione" che vide la repressione di sporadiche ribellioni (come quella della regione di Costantina nel 1871), la parziale espulsione delle tribù beduine sospinte verso il deserto e la loro sostituzione con coloni europei e infine la instaurazione di una rete di stazioni militari sulle montagne e nelle steppe. Solo nel 1879 l'opera di sottomissione degli indigeni poté dirsi terminata. Alle autorità militari si sostituirono quelle civili, il paese fu organizzato dal punto di vista amministrativo come territorio francese a tutti gli effetti e furono costituiti comuni ad amministrazione francese e comuni ad amministrazione mista ( nei quali gli organismi rappresentativi dovevano sempre avere una maggioranza francese).
La politica di assimilazione della Francia fu tuttavia soltanto di facciata perché gli algerini non godevano certo degli stessi diritti dei cittadini francesi, mentre la popolazione locale fu sistematicamente e gradualmente privata delle proprie terre con la violenza.
Il grado più elevato di sostegno continuato al colonialismo francese venne anche in Algeria dai membri dei più importanti gruppi affaristici dei grandi porti e dei centri dell'industria tessile, di cui le camere di commercio locali rappresentavano efficacemente gli interessi. Naturalmente gli interessi economici dei gruppi d'affari costruirono la motivazione del prestigio della Grand Nation e le glorie della "Mission Civilisatrice". Così un esponente della camera di commercio di Lione proclamò: "Civilizzare i popoli nel senso moderno della parola significa insegnar loro a lavorare al fine di guadagnare, di spendere, di commerciare".
E' certo comunque che la più evidente conseguenza del tipo di colonizzazione francese in Algeria ebbe effetti distruttivi sulla popolazione algerina. La prima e più vistosa conseguenza fu la diminuzione della popolazione che nel giro di mezzo secolo ebbe un decremento di un milione di abitanti. Poiché la colonizzazione di popolamento non consentì di realizzare consistenti profitti, le autorità coloniali francesi azzerarono ogni forma di investimento tesa a alla promozione dello sviluppo, delle infrastrutture e della pubblica istruzione. Il tasso di analfabetismo fra la popolazione indigene soprattutto femminile aumentò in maniera massiccia e ciò impedì la formazione di una classe dirigente araba. Si aggiunga a tutto ciò un generale atteggiamento di disprezzo razzista nei rapporti individuali con gli arabi e si ha così un quadro completo di cosa sia stata la cosiddetta "CIVILIZATION FRANCAISE" in Algeria.


I teorici della colonizzazione dell'Algeria e i loro oppositori condividevano la stessa immagine del mondo arabo e dell'Islam. Alexis De Tocqueville, inviato del parlamento francese in Algeria per studiare le diverse politiche di colonizzazione che potevano essere applicate in vista di un migliore utilizzo delle risorse umane e materiali, scrisse prima del viaggio e senza aver conosciuto un abitante della colonia: "L'anarchia degli arabi, così funesta a questo popolo è molto nociva anche per noi, perchè non avendo noi ne l'intenzione ne il potere di sottometterli subito con le armi, non possiamo che sperare di agire su di essi sul lungo termine, attraverso il contatto con le nostre idee e le nostre arti; e ciò può aver luogo soltanto se la pace e un certo ordine regneranno tra loro. Del resto l'anarchia che spinge le tribù le une contro le altre, le fa precipitare continuamente verso di noi e toglie alle nostre frontiere qualsiasi sicurezza".
Qualche anno più tardi Karl Marx si recò in Algeria per curare una broncopolmonite. Egli si limitò a constatare il razzismo provocato dalla società coloniale, ma non dedicò neppure una parola alla società e alla cultura araba. Nella sua corrispondenza con Engels esiste una lettera datata 22 Gennaio 1848 in cui Engels, che seguiva con attenzione gli avvenimenti algerini riferiva a Marx: "In sintesi la nostra opinione è che il quotidiano "La Réform" sia molto felice che il capo arabo sia stato catturato. La lotta dei beduini era senza speranza, ma anche se è deprorevole il modo spietato in cui la guerra è stata condotta da soldatacci brutali come Buyaud, la conquista dell'Algeria è un fatto importante e propizio a progresso della civiltà. Le azioni piratesche degli stati barbareschi, che il governo inglese non ha impedito finché non disturbavano le sue navi, non potevano terminare che con la conquista di uno di questi stati; e la conquista dell'Algeria ha già costretto i Bey e i tunisi di Tripoli e l'imperatore del Marocco a impegnarsi sul cammino della civiltà. Essi sono stati obbligati a trovare per i loro popoli occupazioni diverse dalla pirateria e altri mezzi per riempire le casse che non fossero i riscatti pagati dagli stati più piccoli d'Europa. E se ci si può rimproverare che la libertà e l'indipendenza siano state distrutte, non si deve dimenticare che questi beduini arabi sono un popolo di ladri, il cui principale mezzo di sussistenza consisteva nel fare incursioni gli uni contro gli altri e nei villaggi sedentari, appropriandosi di tutto ciò che trovavano, massacrando tutti coloro che resistevano e vendendo il resto dei prigionieri come schiavi. Questi popoli di barbari in libertà sembrano molto fieri, nobili, gloriosi se visti da lontano, ma basta avvicinarli per scoprire che, come le nazioni più civili, sono mossi dalla sete di guadagno; semplicemente essi usano mezzi più volgari e più crudeli. Dopotutto il borghese moderno con la civiltà, l'industria, l'ordine e la scienza che porta comunque con se è da preferire allo sceicco feudale o al predone e alla condizione barbara della società alla quale appartiene e in cui prospera".


Illuminati da siffatte convinzioni i francesi fecero dell'Algeria il terreno privilegiato ai loro criteri di civilizzazione e di colonizzazione: appropriarsi delle terre più fertili, distruggere ogni forma di autonomo sviluppo, dall'artigianato al commercio, costringere al nomadismo più povero le popolazioni delle regioni prive di grandi città, europeizzare queste ultime creando quartieri puliti, ordinati e dotati di ogni confort per i francesi e relegare il sottoproletariato e il proletariato algerino in quartieri anti igenici, miserabili, squallidi con un assetto economico al di sotto persino della semplice sussistenza.
Solo agli inizi del 900' vi fu un qualche segno di cambiamento. Alle autorità militari si sostituirono quelle civili; col sistema detto dei "Bureaux Arades" i francesi governarono gli algerini appoggiandosi alle autorità locali di carattere tribale tentando parallelamente una politica di assimilazione assai difficoltosa, che si limitava a far conseguire agli elementi indigeni più intelligenti e soprattutto più disposti alla sottomissione un qualche titolo di studio che ne consentisse l'utilizzazione nei livelli più bassi della burocrazia, ma soprattutto l'arruolamento nelle forze armate indigene, naturalmente nella truppa semplice e al massimo nei graduati.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, l'Algeria fu teatro di sbarchi anglo-americani e nei combattimenti contro i francesi che avevano aderito "alla Repubblica di Vichy" e contro le truppe tedesche vi fu un maggiore coinvolgimento delle forze armate della Francia libera guidate dal generale De Gaulle di soldati, sottoufficiali e persino ufficiali algerini. Il valore dispiegato dagli arabi fu tale che nell'immediato dopo guerra la Francia dichiarò l'Algeria parte integrante del territorio metropolitano; fu cosi istituita un'assemblea algerina e concesso il diritto di inviare deputati all'assemblea nazionale francese di Parigi. Il diritto di rappresentanza fu però concesso in egual misura alla maggioranza araba e alla minoranza di origine francese, che restava la parte privilegiata della popolazione. Fra i cittadini arabi, pesantemente discriminati in ogni aspetto della società il malcontento si condensò in un primo momento in un'opposizione esclusivamente politica, mentre sulle cabile dell'atlante a maggioranza berbera cominciò a serpeggiare una cruenta guerriglia che andò intensificandosi rapidamente e che l'esercito francese represse con spietata durezza.
Nel 1954 nacque un comitato rivoluzionario per l'unità e l'azione (CRUA) che il primo Novembre dello stesso anno scatenò, sotto la guida del fronte di liberazione nazionale, la rivolta armata. Seguirono anni di sanguinoso conflitto, che vari governi della metropoli non riuscirono a superare militarmente ne avviare altrimenti a soluzione, per l'opposizione delle alte gerarchie militari che non intendevano dichiararsi vinte nel confronto con "Quattro straccioni terroristi", per l'ostinazione dei coloni francesi di Algeria che non intendevano mollare i privilegi acquisiti e il loro alto tenore di vita e delle correnti nazionaliste intransigenti di estrema destra (ultras). La situazione divenne particolarmente esplosiva nella città di Algeri dove l'FLN saldamente radicato nella Casbah araba organizzò una temibile rete che, in risposta a un attentato terroristico della polizia francese che provocò nel quartiere arabo quasi cento vittime, cominciò con l'omicidio dei poliziotti francesi per passare agli assalti armati ai commissariati e alle caserme e per finire con sanguinosi attentati terroristici contro i locali pubblici della città europea che provocarono migliaia di vittime. Il governo francese reagì inviando ad Algeri un'unità di paracadutisti già distintisi nei massacri delle cabile e guidati dal colonnello Masù: questi dispose un capillare controllo poliziesco sulla città di Algeri e sulle altre principali città algerine, utilizzando la tortura come usuale metodo di guerra: circostanza, questa che suscitò la reazione disgustata della stessa opinione pubblica francese e degli intellettuali guidati da J.P.Sartre. L'FLN parve sgominato nella Casbah; ma ormai era chiaro che la Francia non poteva sperare di mantenere il suo controllo sull'Algeria, anche perchè la dura lotta che l'esercito di liberazione algerino seguitò a condurre nelle regioni extra urbane, costrinse l'ONU a prendere in esame la "questione algerina" e ad auspicare una soluzione che riconoscesse il diritto all'autodeterminazione del popolo algerino. I governi francesi ebbero notevoli oscillazioni e sbandamenti sulla soluzione da adottare e alla fine degli anni 50' sembrarono propendere per la soluzione pacifica. Le forze di destra franco algerine e i partiti conservatori della metropoli, con il sostegno attivo delle forze armate dettero vita a un quasi colpo di stato nel 1958 da cui la IV Repubblica uscì distrutta.
Nell'impossibilità di fronteggiare la situazione venne chiamato alla guida del governo il generale De Gaulle ritenuto il solo ad avere l'autorità e la capacità di fare accettare alla Francia l'inevitabilità dell'indipendenza algerina. Nel 1960 egli prese contatti preliminari con il governo provvisorio della repubblica di Algeria (GPRA), costituitosi nel 1958 sotto la presidenza del grande leader Ferhat Abbas. Nel 1961 algerini e francesi annunciarono l'apertura di negoziati, che si conclusero nel Marzo 1962 con un preannuncio di indipendenza. Le trattative di pace provocarono tentativi di rivolta in Algeria da parte degli ultras guidati da 4 generali dell'esercito, ma l'indipendenza algerina era ormai un fatto acquisito: il 1 Luglio 1962 essa fu ratificata da un referendum e proclamata il giorno successivo.
La lunga lotta per la libertà era costata al popolo algerino non meno di due milioni di morti.
A questa lunga lotta fornirono un contributo determinante le eroiche, ineguagliabili donne algerini, che militarono in massa nell'esercito di liberazione nazionale resistendo alle torture, agli stupri e alle esecuzioni capitali alla pari con i loro uomini.

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