martedì 8 marzo 2011

STORIA DELL'ISLAM - La diffusione dell'Islam in Asia e in Africa

La diffusione dell'Islam in Asia e in Africa:
I - Tamerlano e l'impero Timuride in Asia centrale:

TAMERLANO

"Nato nell'antica Kesh, ora Shahrisabz, città verde, (50 km circa a sud di Samarcanda), nell'odierno Uzbekistan, Tamerlano proveniva dalla tribù turco-mongola dei Barlas, stanziale in quella regione. La tribù che faceva parte dei disprezzati karaunas (i "mezzosangue"). Egli era figlio del capo dell'ulus (tribù), chiamato Taraghay Nuyan Khan, della discendenza di Kadjuli Khan, della stirpe di Khaidu Khan, progenitore Mongolo comune a Gengis Khan.Il clan, di cui suo padre era il capo, era composto da genti mongole e musulmane fortemente turchizzate e vantava una discendenza dal condottiero nomade Karadjar Barlas Khan (nipote del Khan Erumdji Barlas fondatore del clan figlio di Kadjuli Khan), di cui Taraghay Nuyan era bisnipote, oltre a essere ritenuto il primo del clan ad abbracciare la religione islamicasunnita, che fu poi anche quella di Tamerlano. Secondo il biografo malevolo Ibn ʿArabshāh, da ragazzino avrebbe praticato il furto di pecore, ma avrebbe fallito un colpo, e il pastore lo avrebbe azzoppato con una freccia. Altri storici parlano invece di una grave ferita subita più tardi, in combattimento. Molto controversa la questione se sia stato fin dalla gioventù un uomo colto oppure addirittura un analfabeta. Chi sostiene la prima ipotesi porta come prova i suoi intensi rapporti con religiosi, scrittori, artisti e scienziati. Tamerlano sfruttò le rivalità tra le vicine tribù e le debolezze dei vari khan e grazie ad un'accorta politica guerriera egli seppe conquistare tutta la Transoxiana nel 1369. Un anno dopo assunse il titolo di "grande" emiro, a voler sottolineare le pretese di supremazia su tutti gli emiri della regione. Dopo il matrimonio con la giovane principessa Saray Malik Katun, appartenente alla discendenza di Gengis Khan, assunse il nome di Timūr Gurkānī (in persiano تيمور گوركانى, doveGurkān è la forma persianizzata dell'originale mongolo küregen (in turco küregen), ovvero genero (imperiale), cioè genero nell'ambito della famiglia di Gengiz Khan. Di quel nome si gloriò moltissimo, poiché da esso riteneva di trarre la legittimazione gengiskhanide che era la sua massima ambizione. Scelse Samarcanda come sua capitale, una città di incontro tra mondo greco e indiano, già abitata da Alessandro Magno, ed emporio tra i più importanti sulla via della Seta. Vennero formalizzate una serie di istituzioni statali, come i periodici kurultaj che avrebbero dovuto legittimare il suo governo, in realtà dispotico, e la zona (dell'attuale Uzbekistan) divenne un centro di grande crescita culturale e artistica. Durante i tre decenni successivi Tamerlano condusse campagne militari in tutte le direzioni, con metodi travolgenti e spesso spietati. Uno dei suoi più formidabili avversari fu Toktamiš, Khan dell'Orda d'Oro. Questi, esule giovanissimo dalla sua terra per aver tentato di fare suo il khanato, era stato accolto da Tamerlano, che gli aveva fornito le forze necessarie per la conquista del suo ambito territorio. Ma una volta conquistatolo e divenuto signore anche del Kipchak orientale, Toktamiš era venuto una prima volta in contrasto con lui per il possesso della Corasmia e dell'Azerbaijan. La fortissima stima e simpatia che nutriva per lo stesso Toktamiš avevano tuttavia indotto l'Emiro a fornirgli di nuovo l'assistenza militare necessaria per attaccare la Russia, dove il giovane guerriero arrivò addirittura a prendere Mosca nel 1382. Nel frattempo Tamerlano iniziò la conquista militare della Persia, dove la morte dell'ultimo ilkhanide (dinastia mongola discendente da Gengis Khan tramite il ramo del nipote Hulegu) aveva lasciato un vuoto politico militare. L'invasione prese inizio dalla regione orientale del Khorasan e in particolare dalla città di Herat (ora in Afghanistan e allora governata dalla dinastia dei Kartidi). L'espansione in Iran continuò ai danni della cosiddetta "repubblica" locale dei Sarbedar ("pendagli da forca"), stanziata nella città di Bayhaq. A differenza di quanto si è spesso affermato, i Sarbedar si dichiararono suoi vassalli, e forse fu in questa occasione che egli ebbe l'opportunità di incontrare Khwāja ʿAli, personalità sciitadi grande importanza che avrebbe avuto una certa influenza su di lui e avrebbe in seguito agevolato i Safavidi nel proclamare una propria discendenza dallo stesso Tamerlano. Qualcuno sospettò addirittura che Tamerlano avesse abbracciato la fede sciita, ma non se ne hanno prove. La conquista dell'Iran continuò con l'aggressione all'Azerbaijan, allora dominato dal sovrano Sulṭān Aḥmed, della dinastia dei Gialayridi. Fu in questa fase che i piani di Tamerlano entrarono in conflitto con quelli di Toktamiš. A sua volta attratto dalla prospettiva di conquistare l'Azerbaijan, quest'ultimo attaccò nel 1386 Tabriz, la capitale, ma l'evento scatenò la prima delle tre campagne di Tamerlano contro di lui. Nel corso di questa campagna Tamerlano distrusse il regno della Georgia, catturando il sovrano Bagrat V e penetrando poi ulteriormente nel Caucaso. Nel 1387 Tamerlano poté finalmente attaccare l'Iran centrale, forse l'oggetto principale delle sue conquiste in terra persiana. Qui governava la dinastia dei Muzaffaridi, che non riuscì a contrastare l'attacco. Se la presa di Isfahan nel 1387 non vide la resistenza degli abitanti della città, il massacro che seguì fu determinato dal rifiuto della popolazione locale di pagare tributo o forse anche dall'uccisione di alcuni soldati della guardia. Alcune fonti ricordano le orribili torri di teste ammassate nella città a seguito dell'immane strage della popolazione (ca. 100.000 morti), una delle più sanguinose della storia. La città di Shiraz fu conquistata con minor violenza. Dopo avervi insediato un governatore fantoccio, Tamerlano mise fine alla campagna persiana per tornare a Samarcanda, dove lo aspettava un ennesimo attacco di Toktamiš. Costui fu inseguito fino alla Siberia, ma ancora una volta Tamerlano non riuscì a catturarlo e tornò a Samarcanda, dove nel 1390 convocò un nuovo grande kuryltai. Gli anni che vanno da quell'evento fino al 1395 sono caratterizzati da una campagna di assestamento dei domini dell'Iran settentrionale (la cosiddetta "campagna dei 5 anni"), in cui Tamerlano conquistò le regioni del Gurgan e del Mazandaran, finché, sottomessa laMesopotamia e distrutta Baghdad, si volse verso occidente, intromettendosi nel conflitto tra le due confederazioni rivali turcomanne degli Ak Koyunlu ("Quelli del Montone bianco") e deiKara Koyunlu ("Quelli del Montone nero"). Ancora una volta tuttavia la minaccia di Toktamiš lo obbligò a compiere una lunga campagna – l'ultima – nelle steppe dell'Asia centrale e della Russia meridionale. Sebbene non abbia mai raggiunto Mosca, come spesso si è detto, questa campagna gli permise di liberarsi del rivale e di distruggere Astrakhan e la sua capitale Saray. Nel 1398 Tamerlano, informato di una guerra civile in India (iniziata nel 1394), attaccò il signore musulmano di Delhi, attraversando l'Indo il 2 ottobre su un ponte di barche e abbandonandosi a terribili massacri durante l'avanzata, allorché trovò una fiera resistenza da parte dei Rajput di Bhatnir. Durante lo scontro lo stesso Tamerlano fu colpito da una delle tante frecce che negli anni martoriarono il suo corpo. Pochi giorni più tardi l'Emiro arrivava comunque davanti a Delhi, dove poca resistenza poterono opporgli le truppe del turco-tughluqMahmud Shah II, nonostante i problemi creati dall'uso degli elefanti da parte di queste ultime.
Il 17 dicembre 1398 la città fu presa e atrocemente devastata e saccheggiata, sebbene in seguito Tamerlano abbia sentito il bisogno di tentare di difendersi, affermando di aver vietato il saccheggio, che sarebbe invece avvenuto durante il suo sonno provocato dall'eccesso di libagioni. Quasi tutti i cittadini sopravvissuti al massacro furono ridotti in schiavitù e portati via spingendoli davanti a sé da un esercito un tempo velocissimo nei suoi spostamenti, ma nell'occasione talmente carico di bottino da dover marciare con estrema lentezza.
Tamerlano lasciò Delhi più o meno in gennaio del 1399, raggiungendo soltanto il 15 aprile Termez sull'Amu Darya (attuale confine tra Uzbekistan e Afghanistan, scavalcato col ponte chiamato dell'amicizia dai sovietici degli anni settanta). Secondo l'ambasciatore castigliano Ruy Gonzalez de Clavijo (arrivato a Samarcanda l'8 settembre 1404), novanta elefanti catturati servirono soltanto per il trasporto di certe pietre con cui Tamerlano intendeva erigere una moschea a Samarcanda, probabilmente l'enorme edificio (addirittura ammantato di leggenda) che prese il nome dalla sua bellissima moglie gengiskhanide Bibi Khanoum. All'inizio del XV secolo possedeva un impero che andava dal Mar Caspio al Caucaso, al lago d'Aral e tutta l'area tra il Syr-Darja e l'Indo. Ritornato dall'India, Tamerlano poté attaccare l'Impero ottomano, allora governato dal quarto sultano, Bayezid I Yıldırım, "Bayezid la Folgore", il quale, vittorioso sui serbi a Kosovo Polje e su una coalizione franco-ungherese a Nicopoli (1396), si stava espandendo rapidamente verso oriente, annettendosi territori abitati da popolazioni turkmene, che avevano invocato l'aiuto dell'Emiro. Strada facendo Tamerlano attaccò il sultano mamelucco dell'Egitto, invadendo la Siria, saccheggiando Aleppo e prendendo Damasco - molti abitanti delle quali furono massacrati a eccezione degli artigiani, deportati in massa per contribuire ai lavori di abbellimento di Samarcanda - e Baghdad (giugno 1401, nuovo massacro). Loscontro con il sultano ottomano avvenne nella battaglia di Ancyra (Ankara) 20 luglio 1402. Bayezid I, sebbene eroicamente difeso dal contingente alleato serbo addetto alla sua persona e ai suoi eredi, fu fatto prigioniero e non se ne ebbe più notizia.
Gli occidentali erano molto preoccupati dall'avanzata ottomana in Anatolia, che stava erodendo l'Impero bizantino e poteva minacciare tutti gli stati affacciati sul Mediterraneo. Essi iniziarono a pensare che i loro interessi potessero coincidere con quelli di Tamerlano, contrapponendosi congiuntamente all'avanzata turca. Gli europei vedevano in lui molte analogie con i mongoli di un secolo e mezzo prima, anche se egli era ormai islamico, ed una nuova pax mongolica avrebbe aiutato molto le vicende dei mercanti occidentali. Il coimperatore Giovanni VII Paleologo, si accordò allora col podestà genovese di Galata per inviare ambasciatori al Khan. I bizantini infatti erano già costretti a pagare un tributo al sultano turco, ed essi proposero a Tamerlano di versarlo a lui in cambio di un'alleanza per sconfiggere i turchi stessi. Un'ambasceria parallela venne condotta anche dal re di Francia tramite alcuni domenicani. Tamerlano, che stava effettivamente preparandosi ad attaccare i turchi, accettò le proposte, sperando anche che tramite Venezia e Genova egli avrebbe potuto ottenere quella flotta che non possedeva, e nel 1402 i mongoli batterono gli ottomani presso Ankara, come già detto. Tamerlano divenne padrone dell'Anatolia, ma si rivelò presto un'arma a doppio taglio per gli occidentali, in quanto non era disposto ad accettare alcuna sottomissione. Rivendicando la discendenza da Gengis Khan e pretendendo la restaurazione dell'Impero mongolo attaccò aSmirne gli Ospitalieri di Rodi, cacciandoli e sottomettendo Focea e Chio. Gli europei erano molto indecisi sul da farsi e molti continuavano a sperare, come Enrico III di Castiglia che spedì più ambascerie a Tamerlano. La vittoria di Tamerlano riuscì solo a ritardare di cinquant'anni la presa di Costantinopoli da parte degli ottomani (1453). Tamerlano però nutriva maggior interesse verso la Cina che l'Europa. Tornato a Samarcanda, progettò la conquista della Cina, da dove i mongoli della Dinastia Yuan, fondata da Kublai Khan, nipote di Gengis Khan, erano stati cacciati nel 1368 dalla Dinastia Ming. Il primo imperatore di questa dinastia, Hongwu pretendeva e riceveva tributi dai signori dell'Asia Centraleche considerava eredi del gengiskhanide Kublai sconfitto. E fino a un certo punto, ed entro certi limiti, Tamerlano aveva obbedito alla richiesta. Ma la sua mira era riedificare nella sua completezza l'impero mongolo, compresa la sua parte costituita dalla Cina di Kublai, che decise di riconquistare. L'impresa prese avvio nel dicembre del 1404, ma fallì sul nascere. Il clima dell'Asia Centrale era tremendo, ma quel periodo era stato scelto con consapevolezza nella convinzione che lo avrebbe agevolato, consentendogli di attraversare il Syr Darya sul ghiaccio solido e di raggiungere la Cina in primavera. Tamerlano fu tuttavia colto da fortissime febbri, forse causate dapolmonite, forse da un eccesso di libagioni, e la sua pur fortissima fibra cedette. La morte avvenne il 19 gennaio 1405 a Otrar, appena al di là del Syr Darya, in territorio oggi kazako. La notizia della morte, anche a causa dei passi montani bloccati dalla neve, raggiunse troppo tardi l'erede designato, il nipote Pir Muhammad, figlio del primogenito Giahangir, che si trovava a Kandahar, e di questa lontananza approfittò un altro nipote, Khalil, figlio del terzogenito Miran. Questi tuttavia si rivelò un folle, come anche il padre, abbandonandosi a bagordi e dissipazioni. Shah Rukh, il saggio e pio ultimo figlio di Tamerlano, fu richiamato da Herat, dove si era ritirato presso una confraternita religiosa, e cacciò il nipote, accettando di essere riconosciuto sovrano (1407). Tuttavia tornò quasi subito a Herat, affidando il governo al figlio Ulug Beg, altro grande personaggio, destinato a diventare, oltre che un governante illuminato, uno dei più grandi astronomi di tutti i tempi. Quanto rimane del suo straordinario osservatorio è infatti ancora visitabile a Samarcanda. Dopo aver esercitato la funzione di reggente per 40 anni, per altri due anni (1447 - 1449) Ulugh Beg fu poi legittimo sovrano, prima di essere assassinato dal figlio. Fu Ulugh Beg, in segno di venerazione per il nonno, a far venire dalla Mongolia l'enorme blocco di giada verde che divenne la tomba di Tamerlano, ancora visibile nelmausoleo Gur-e Amir a Samarcanda. L'immenso impero di Tamerlano venne frammentato tra più potentati ostili tra loro."

L'IMPERO TIMURIDE



L'impero timuride fu creato da Tamerlano, che conquistò gran parte dell'Asia centrale e del Medio Oriente appartenenti al Khanato Chagatai, a cominciare dal1370. Nel 1400 iniziò ad invadere l'Anatolia e nel 1402 durante la battaglia di Ancyrasconfisse pesantemente gli ottomani, catturando il loro sultano Bayezid I. Alla sua morte, nel 1405, l'impero si estendeva dal Caucaso all'India.
Tamerlano designò quale suo successore il nipote Pir Muhammad, che però sopravvisse brevemente al nonno e morì nel 1406, quindi il trono fu occupato brevemente da Miran Shah. Nel 1407 il figlio più giovane di Tamerlano, Shah Rukh, prese il potere e stabilì la sua capitale a Herat regnando fino al 1447. Ulugh Beg, figlio maggiore di Shah Rukh, regnò per due anni. Abu Sa'id, nipote di Miran Shah, governò su Transoxiana, Afghanistan e Persia settentrionale.
L'ultimo importante sovrano timuride fu Husayn Bayqarah, morto nel 1506, dopo il quale i domini della dinastia in Asia centrale furono conquistati dagli Uzbeki.



II - L'impero Safavide:


IMPERO SAFAVIDE



Shaykh Isḥāq Ṣafī al-Dīn (1252-1334), fu il capo di una confraternita misticasunnita (ṭarīqa) che dal suo nome si chiamò safavide e che aveva base adArdabil, nell'odierno Azerbaigian persiano. Per conquistarsi le simpatie dei numerosi sciiti della città i suoi discendenti sfruttarono la leggenda della sua discendenza dall'Imām ʿAlī e da sua moglie Fāṭima, figlia del profeta Maometto.Shaykh Junayd, capo della confraternita dal 1447 al 1456, fu costretto ad abbandonare Ardabil, feudo dei Safavidi, e a peregrinare tra Siria e Anatolia, dove organizzò militarmente la sua comunità e si fece chiamare "dio" dai suoi seguaci. Organizzò una spedizione contro gli infedeli del Caucaso, ma fu sconfitto e ucciso. Suo figlio Shaykh Haydar, i cui seguaci avevano adottato un turbante rosso a dodici spicchi (a ricordare i dodici imam santi sciiti) che guadagnò loro il nome di Kizil Baş ("teste rosse", o "berretti rossi"), volendo vendicare il padre ritentò l'impresa tornando vittorioso e carico di bottino. Fu successivamente ucciso in battaglia (1488), e così suo figlio (1494).
All'inizio del XVI secolo l'Iran non era uno Stato unitario, ma era diviso in un gran numero di emirati e khanati, i più importanti dei quali erano gli Stati timuride a est e Aq Qoyunlū a ovest. Nel 1499 l'appena quindicenne Ismāʿīl, che si diceva discendente di Ṣafī al-Dīn, riuscì ad ottenere l'appoggio delle tribù nomadi turche dell'Azerbaigian e a sconfiggere i re Aq qoyunlū di Tabrīz e Ḥamadān nel1501, dando inizio alla dinastia. Per legittimarsi ulteriormente come scià, Shah Isma'il I reclamò una sua discendenza dalla dinastia sasanide.
Negli anni successivi le "teste rosse" conquistarono Semnan, Shiraz, e Yazd ed entro il 1509 tutte le dinastie dell'Iran occidentale si sottomisero a Shāh Ismāʿīl I. Nel 1510 Ismāʿīl affrontò a Merv gli Uzbeki, che erano subentrati ai timuridi in Asia centrale, e li sconfisse pesantemente, sicché anche il Khorāsān cadde in mano safavide. I suoi tentativi di ulteriori conquiste in Asia centrale però incontrarono la forte resistenza degli Uzbeki che originava da motivi religiosi, essendo gli Uzbeki sunniti come anche i nemici occidentali dei Safavidi, gliOttomani, sebbene le tre dinastie fossero tutte di stirpe turca.
Proprio le buone relazioni dei Safavidi con le tribù sciite dell'Asia Minore allarmarono il sultano ottomano Selīm I Yavuz che, paventando pericolose rivolte interne, fece massacrare ben quarantamila sciiti. Subito dopo, l'esercito del sultano invase la Persia e inflisse una cocente sconfitta ai Safavidi a Čaldiran il 23 agosto 1514, che consentì a Selīm di occupare Tabriz. capitale dello scià. Per questioni di politica interna, tuttavia, il sultano fece presto ritorno in patria lasciando che i Safavidi rioccupassero l'Azerbaigian meridionale e l'Iraq, e annettessero la Georgia orientale.
Ismāʿīl I impose con un decreto, sotto pena di morte, la conversione della popolazione persiana allo sciismo. Tale decreto portò a una diffusione superficiale dello sciismo, che divenne tuttavia profonda e radicata nel corso dei secoli successivi. Per la prima volta nella storia islamica, lo sciismo si organizza in Stato rompendo l'unità politica del mondo musulmano. L'Iran diviene una teocrazia con lo scià come capo politico e religioso, e i qızılbaş quale aristocrazia ed estensione del potere centrale. Morto Ismāʿīl I (1524), seguì un periodo di confusione con il figlio Shāh Ṭahmāsp I (1524-1576) sul trono. Le "teste rosse", designatori di fatto dei successori dello scià, cominciarono ad acquistare sempre più potere e giunsero a ribellarsi al sovrano, che fu costretto a disperdere alcune tribù. La guerra sui due fronti intanto proseguiva, e gli Ottomani e gli Uzbeki strappavano continuamente territori allo scià, che perse di nuovo la capitale Tabrīz ad opera deiTurchi e fu costretto a spostarla a Qazvin. In compenso guadagnò Qandahār per l'aiuto fornito all'imperatore moghul Ḥumāyūn quando questi era stato detronizzato.
La situazione peggiorò ancora sotto Shāh Ismāʿīl II, che cercò senza riuscirvi di ritornare al sunnismo, mentre le rivalità tra le "teste rosse" sfociavano in guerra civile.
La Persia safavide fu alleata della Spagna durante il regno di Carlo V in quanto la Francia (nemica della Spagna) sosteneva gli ottomani, nemici mortali dei Safavidi. Allacciava nel 1561 rapporti commerciali con l' Inghilterra.
Dopo la forzata abdicazione di Shah Muhammad Khudabanda, suo figlio ʿAbbās I, sopravvissuto alle congiure dei qızılbaş, si fece riconoscere scià da alcuni capi delle "teste rosse o berretti rossi" nel 1581 a dieci anni, e nel 1587 fece accecare e imprigionare due suoi fratelli e si insediò sul trono. Il regno di Shāh ʿAbbās I, detto il Grande (1587-1629), è stato giudicato il più glorioso di tutta la Persia moderna. Alternando l'uso della forza e della diplomazia, egli riuscì a ricompattare il Paese dilaniato dalle lotte intestine, e a salvaguardarlo dai nemici esterni ottomani e uzbeki.
Consapevole della debolezza del sistema "pretoriano" delle "teste rosse", Shāh ʿAbbās I costituì un corpo che lo rendesse indipendente dai loro abusi, i ghulam. Reclutati, a imitazione dei giannizzeri ottomani, tra i giovani cristiani armeni e georgiani convertiti all'Islam, i ghulāmerano cavalieri e tiratori scelti armati di moschetto invece che di lancia. A questi si aggiunsero un corpo di fanti reclutati tra i contadini iraniani e una guardia personale turca, gli shah-seven("coloro che adorano lo scià"), che gli era particolarmente fedele ritenendolo un'incarnazione divina. Tutte queste truppe ricevevano la paga direttamente dal tesoro dello scià e non avevano legami tribali di fedeltà. Anche l'esercito, con l'aiuto del generale inglese Robert Sherley, fu profondamente riformato secondo i sistemi europei, attraverso il massiccio ricorso allapolvere da sparo e a pezzi d'artiglieria di buona fattura.
Con le nuove forze a disposizione, Shāh ʿAbbās I ricacciò indietro gli Uzbeki dal Khorasan e rese più salda la propria autorità su Herat e Kandahar. Si volse quindi a ovest e riuscì a riconquistare l'Iraq e la Mesopotamia a spese dei Turchi, che vi rinunciarono con due trattati del 1612 e del 1618. Cacciò quindi i portoghesi da Bahrain (1602) e Hormuz (1622), con il supporto della marina inglese.
La scoperta della rotta navale attorno all'Africa, consentì alla Persia e all'Europa di entrare in contatto senza la mediazione della Turchia, tradizionale nemico comune. Il commercio, in particolare quello della seta, si spostò così verso il Mar Caspio, contribuendo notevolmente alla formazione di un forte Stato persiano, grazie anche agli accordi con la Compagnia Britannica delle Indie Orientali e la Compagnia Olandese delle Indie Orientali.
Lo splendore della corte del "Gran Sophi", come era chiamato in Europa il sovrano safavide, divenne proverbiale. Affluirono verso la nuova capitale safavide Iṣfahān mercanti, diplomatici e missionari. Iṣfahān fu abbellita da magnifici edifici costruiti secondo un avanzato piano regolatore, di cui restano notevoli testimonianze. Anche la rete stradale del regno fu notevolmente sviluppata e migliorata.
Il carattere di Shāh ʿAbbās I non era però incline alla pietà. Aveva fatto accecare due fratelli per avere via libera al trono e la sua paura per complotti ai suoi danni non risparmiò neanche il figlio maggiore Ṣafī, che fece uccidere a sangue freddo. Spaventato, poi, dagli astrologi che prevedevano l'assassinio del re di Persia nell'anno 1000 dell'Egira (1591-1592) abdicò temporaneamente, mise sul trono Yūsuf che fece assassinare, e si riprese quindi la corona.
Con la morte di Shāh ʿAbbās I nel 1628 finirono i giorni gloriosi della dinastia.
A occidente continuava la guerra coi Turchi: i Safavidi e gli Ottomani combatterono a lungo per il possesso delle fertili pianure irachene, finché fu stipulato un trattato per definire un confine tra Turchia e Iran nel 1639, confine che ancora oggi è quello che divide i due Stati. Il lungo e aspro conflitto, però, scavò un solco profondo tra le comunità sciite e sunnite dell'Iraq, e anch'esso resiste ancora. A oriente gli Uzbeki dovettero affrontare la nuova minaccia dei Calmucchi e alleggerirono la pressione sulla Persia, mentre iniziavano movimenti tra le tribù afghane. All'interno, il potere dei "turbanti rossi" era stato azzerato e anche il loro numero era stato notevolmente diminuito, mentre lo Stato diventava sempre più unito.
I sintomi della decadenza, già presenti durante il regno di Shāh ʿAbbās II, divennero palesi con l'ultimo effettivo scià safavide Sulṭān Ḥusayn. Allevato nell'harem, trascorreva tutto il suo tempo con cortigiani, teologi e astrologi, trascurando gli affari di Stato, mentre alle frontiere orientali gli afghani catturavano Herāt e Qandahār. Nel 1720 l'afghano Maḥmūd marciò suKermān e la conquistò, ponendo quindi l'assedio a Iṣfahān nel 1722. Il 23 ottobre 1722, dopo sette mesi di assedio, Iṣfahān si arrese e Sulṭān Ḥusayn fu detronizzato. I suoi successori, sebbene conservassero il titolo di scià, non furono che fantocci, mentre il potere era nelle mani degli Afsharidi e degli Zand.
Una delle caratteristiche del regno di Shāh ʿAbbās I fu la tendenza a favorire le forze produttive persiane a scapito delle province conquistate. I popoli assoggettati si vedevano richiedere somme esorbitanti come tributo, mentre la pressione fiscale sulla popolazione persiana veniva alleggerita.
Per spostare il commercio verso Iṣfahān, Shāh ʿAbbās I volle trasferirvi 13.000 famiglie della città armena di Julfa, importante centro del commercio della seta, e sebbene ne giungessero a destinazione solo 3.000 la seta divenne la principale voce delle esportazioni persiane. Altri trasferimenti di massa furono decisi per ripopolare le zone più depresse dell'Iran. Shāh ʿAbbās I favorì anche l'artigianato, comprendendone l'importanza commerciale. Oltre a vasellame e prodotti tessili, in questo periodo acquistò grande importanza la fabbricazione di tappeti, che continua ancora oggi ad essere una voce importante tra le esportazioni iraniane.
Molto incoraggiate furono anche le arti della miniatura, della calligrafia e della pittura parietale, quest'ultima influenzata dalla pittura contemporanea europea. Nei palazzi venivano dipinte scene di battaglia, paesaggi, scene erotiche e pastorali. La figura principale della miniatura safavide fu Reza Abbasi, dopo la cui morte incominciò un periodo di decadenza della pittura persiana.
L'epoca safavide è povera per quanto riguarda la letteratura. I Safavidi incoraggiarono i poeti a scrivere soprattutto lamentazioni per i martiri e poesie religiose. Molto fiorente fu la poesia religiosa popolare.
L'architettura safavide ci ha lasciato notevoli testimonianze nella capitale Iṣfahān: la moschea dello scià, Masjid-i Shāh, completata nel 1630, la piccola ma elegante moschea di Shaykh Luṭfullāh, e il palazzo reale a sei piani di Ali Qapu.









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