mercoledì 10 agosto 2011

la LECTIO MAGISTRALIS di Benedetto XVI sul tema fede e ragione

"Tutto ciò mi tornò in mente, quando recentemente lessi la parte edita dal professore Theodore Khoury (Münster) del dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d'inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue. Fu poi presumibilmente l'imperatore stesso ad annotare, durante l'assedio di Costantinopoli tra il 1394 e il 1402, questo dialogo; si spiega così perché i suoi ragionamenti siano riportati in modo molto più dettagliato che non quelli del suo interlocutore persiano. Il dialogo si estende su tutto l'ambito delle strutture della fede contenute nella Bibbia e nel Corano e si sofferma soprattutto sull'immagine di Dio e dell'uomo, ma necessariamente anche sempre di nuovo sulla relazione tra le – come si diceva – tre Leggi o tre ordini di vita: Antico Testamento – Nuovo Testamento – Corano. Di ciò non intendo parlare ora in questa lezione; vorrei toccare solo un argomento – piuttosto marginale nella struttura dell’intero dialogo – che, nel contesto del tema fede e ragione, mi ha affascinato e che mi servirà come punto di partenza per le mie riflessioni su questo tema.
Nel settimo colloquio (διάλεξις – controversia) edito dal prof. Khoury, l'imperatore tocca il tema della jihād, della guerra santa. Sicuramente l'imperatore sapeva che nella sura 2, 256 si legge: Nessuna costrizione nelle cose di fede. È una delle sure del periodo iniziale, dicono gli esperti, in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato. Ma, naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il Libro e gli increduli, egli, in modo sorprendentemente brusco che ci stupisce, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava."

Che un papa romano discuta della bontà o meno di una religione diversa dal Cattolicesimo con un imperatore bizantino la cui città stava subendo l'assedio dei Turchi è già una circostanza abbastanza bizzarra: che il suo interlocutore non avesse particolari motivi di simpatia nei confronti dei musulmani e dell'Islam ci sembra una cosa abbastanza ovvia. Meno ovvio è che il numero uno della Chiesa Cattolica tragga dall'argomento motivo per fare intendere che il dialogo col mondo islamico è praticamente impossibile. Secondo le considerazioni papali l'Islam avrebbe tra i suoi principi portanti che contro chi pratica una religione diversa dall'Islam l'unica cosa possibile è la "Jihad" e cioè la "Guerra Santa".
Sullo straordinario complesso di inesattezza, disinformazioni e di falsificazioni occorre fare numerose precisazioni, anche perché se il dialogo tra l'Islam e le istituzioni della Chiesa Cattolica è un portato inevitabile della "globalizzazione e del rapporto tra culture religiose, occorre che il confronto si svolga nella massima chiarezza:
I - Nel Corano non si parla mai di guerra santa: agli storici risulta che i primi a parlare di guerra santa furono papa Urbano II, che bandì la prima crociata, e Gregorio VII, quando combatteva la sua battaglia all'ultimo sangue con l'imperatore Enrico IV. Il Corano parla di lotte per la causa di Dio e precisa che essa deve avere sempre carattere difensivo (Allah non ama gli aggressori) e, comunque, non può mai essere combattuta contro coloro che credono nell'unico Dio e cioè contro le genti del Libro (in primo luogo cristiani ed ebrei), anche le guerre contro i miscredenti ("cafir") e cioè contro gli idolatri e i negatori dell'esistenza di Dio debbono obbedire a precise regole che si concilino col fatto che Dio è Clemente e Misericordioso e perciò Perdonatore;
II - Il versetto coranico "Non può esservi costrizione nella religione" è stato motivato dalla dottrina giuridica islamica: "Se Allah avesse voluto gli uomini tutti credenti in lui, gli avrebbe creati tutti tali. Se vi sono dei non credenti significa che Egli ha voluto lasciare agli uomini la libertà di scelta, compresa quella di credere o non credere". Benedetto XVI colloca il versetto della seconda sura tra le prime rivelate a Muhammad. E' in errore, il che per un papa è grave. La seconda sura è la più lunga del Corano e questa caratteristica la colloca tra le sure che Muhammad ha ricevuto quando era diventato signore di Medina, (ottavo anno dopo l'Egira) non quando era ancora un carovaniere tremante di fronte alle apparizioni dell'Arcangelo Givril. Un fine teologo che si mette a discettare di una religione non sua dovrebbe sapere che nel Corano le sure non sono ordinate in ordine cronologico ma a seconda della loro lunghezza. Le ultime, che sono le più brevi sono quasi sicuramente le prime ad essere rivelate;
III - E' singolare che papa Benedetto XVI ascolti le parole dell'imperatore bizantino sulle sciagure e il sangue provocate dalla diffusione dell'Islam. Poco tempo prima di questo strano colloquio Costantinopoli era stata assalita dalla IV crociata appositamente deviata per eliminare con la forza delle armi lo scisma della chiesa d'oriente. Quel che i crociati fecero nella città di Costantinopoli gareggia in atrocità con i massacri e i saccheggi che i loro predecessori avevano compiuto nella I crociata ai danni della popolazione musulmana ed ebraica di Gerusalemme (più di 100 mila morti in pochi giorni);
IV - Credo che sia giunto il momento di illustrare per esteso le atrocità che sotto l'egida della Chiesa di Roma sono state commesse nei circa 200 anni che coprono l'epoca delle crociate. Precisiamo che non prenderemo in considerazione quelle commesse in altre parti d'Europa che, per altro sono state ben peggiori: ci limiteremo a raccontare le vicende allucinanti caratterizzate dal fatto di aver ricevuto tutte il titolo di crociate: sia quelle combattute contro gli infedeli di "casa" e cioè gli ebrei, sia quelle combattute contro i cristiani che avevano riposto eccessiva fede nel messaggio evangelico di Gesù a favore dei poveri.



Urbano II sospinse nel bandire la Prima Crociata gli strati sociali più poveri per cercare nell'ignoto oriente il loro riscatto dalla miseria; a quanti decidevano di partecipare la chiesa prometteva la dilazione del pagamento dei debiti, la remissione dei peccati con le indulgenze plenarie e altri premi. Gli europei si lanciarono nell'impresa convinti che la conquista dell'oriente Mediterraneo sarebbe stata facile perché i regni musulmani erano perennemente in guerra tra di loro.
L'appello del papa ottenne all'inizio una risposta piuttosto tiepida da parte dei re e dei signori feudali e un'adesione entusiastica presso le classi più umili. I predicatori che battevano l'Europa annunciando la Crociata riscuotevano molto successo tra avventurieri, nobili spiantati, cavalieri di ventura alla "Brancaleone" e contadini affamati che sognavano di cambiare la loro condizione quasi animalesca. Per questo la prima crociata "ufficiosa" del 1096 fu detta dei "Pezzenti", perché composta da gente miserabile e da contadini servi della gleba provenienti da Francia, Germania e Italia che pensavano in tal modo di liberarsi dall'oppressione dei signori feudali. Il 20 Aprile 1096 partì da Colonia (Germania) uno sgangherato esercito di 20 mila persone  guidato dal monaco Pietro l'Eremita, che non avendo con sé ne provviste ne denaro si dedicò al saccheggio durante tutto il lungo viaggio.
Giunti nella città ungherese di Zemun un tumulto nato da una lite tra affamati si trasformò in una vera e propria battaglia. I "pezzenti" assalirono la città, la saccheggiarono e uccisero 4000 persone, tutte cristiane, per poi darsi alla fuga per paura di un esercito regolare. In seguito distrussero un contingente di turchi Peceneghi al servizio dell'imperatore di Bisanzio e saccheggiarono e incendiarono Belgrado.
Il governatore cristiano-ortodosso di Costantinopoli, Nicetas, li sbaragliò presso Nis (Serbia) e 5000 pezzenti morirono in battaglia o vennero imprigionati per il resto dei loro giorni, e solo dopo molte traversie i superstiti giunsero a Costantinopoli.
I crociati vennero imbarcati l'8 Agosto oltre il Bosforo e durante la loro breve campagna si abbandonarono a feroci saccheggi massacrando e torturando anche i cristiani della regione: in preda alla fame alcuni di essi arrostirono i bambini sugli spiedi.
Nei primi veri scontri militari con l'esercito musulmano (formato da turchi Selgiuchidi) i pezzenti furono sterminati: alcuni si salvarono abiurando il Cristianesimo, le donne di gradevole aspetto furono vendute come schiave e un ultimo drappello di superstiti fu tratto in salvo da una spedizione di soccorso inviata da Costantinopoli.
Il clima generale di ostilità verso gli infedeli musulmani non poteva non rivolgersi verso gli infedeli presenti in Europa da più di un millennio e cioè contro gli ebrei (molti futuri condottieri della crociata ufficiale fecero voto di vendicare la morte di Gesù col sangue ebraico).
Pietro l'Eremita aveva chiesto agli ebrei francesi lettere di presentazione per le comunità ebraiche di tutta Europa, che venivano invitate ad accoglierlo per rifornire i suoi seguaci di tutto ciò che avessero richiesto: se avessero rifiutato gli sarebbe stato impossibile trattenere la sua gente e gli ebrei francesi gli diedero quelle lettere. Nel frattempo l'imperatore Enrico IV intimò ai grandi feudatari di Germania di garantire l'incolumità di tutti gli ebrei tedeschi; ma tutte le promesse e le buone intenzioni non fermarono il massacro.
Nell'Aprile 1096 il conte tedesco Enich di Leinsingen, noto per il suo passato di brigante, si fece venire le stigmate e, improvvisatosi crociata, raccolse un esercito al quale si unirono una moltitudine di pellegrini fanatizzati, fra cui un'oca che decine di seguaci erano convinti che l'animale fosse direttamente ispirato da Dio e gli avrebbe condotti senza indugio in Terra Santa.
Enich inaugurò la sua crociata il 3 Maggio con un attacco contro la comunità ebraica di Spira: gli ebrei della città si misero sotto la protezione del vescovo, comperata a caro prezzo e in tal modo i crociati dovettero accontentarsi di trucidare soltanto 12 ebrei che si erano rifiutati di abbracciare la Croce, mentre una donna si suicidò per sfuggire allo stupro. Ad onore del vescovo va detto che alcuni assassini furono poi catturati dai soldati e puniti con il taglio delle mani.
A Worms l'improvvisati crociati, spalleggiati dai cittadini e dai contadini del posto ammazzarono centinaia di ebrei nelle strade mentre altri 500 ebrei furono massacrati nel palazzo del vescovo dove si erano rifugiati. A Magonza i seguaci di Enich trovarono le porte della città chiuse per ordine dell'arcivescovo Rotard; ma in seguito ai tumulti contro i giudei, alcuni cittadini aprirono le porte e fecero entrare i "pellegrini".
Gli ebrei, rifugiatisi nella sinagoga, inviarono offerte in denaro all'arcivescovo e al principe della città per essere ospitati nei loro palazzi, mentre 7 libbre d'oro vennero consegnate a Enich in persona. Fu denaro sprecato. Enich attaccò di sorpresa il palazzo vescovile e trucidò tutti gli ebrei rifugiati; poi diede fuoco al palazzo del principe che gli aveva presi sotto la sua protezione e costrinsero gli occupanti ad uscire. Pochi ebrei si salvarono a prezzo dell'abiuro (che in seguito si uccisero per il rimorso) tutti gli altri furono uccisi.
Il rabbino capo Calonymos si rifugiò con una cinquantina di compagni a Latisbona dove l'arcivescovo cercò di convertirlo. Il rabbino reagì con un gesto di stizza che costo la vita a lui e a tutti i suoi compagni. Il bilancio finale del massacro di Magonza fu di almeno un migliaio di ebrei uccisi.
Il 2 Giugno Enich lasciò la Renania e continuò il suo viaggio verso la terra santa; un gruppo dei suoi seguaci lo abbandonò e proseguì un'autonoma crociata anti ebraica nelle valli della Mosella. A Trevini il grosso della comunità ebraica si rifugiò nel palazzo dell'arcivescovo ma un centinaio di persone, in preda al panico si tuffarono nel fiume e annegarono.
Intanto Enich era arrivato in Ungheria sempre guidato dall'oca. Dopo una serie di scontri la sua armata venne quasi completamente distrutta. Enich, salvatosi fortunosamente se ne tornò a casa, ma altri signorotti si unirono alle spedizioni successive.
Altre crociate anti ebraiche furono quelle guidate da Volkmar e da Gottschalk. Il primo che aveva un seguito di circa 10 mila uomini, il 30 Giugno massacrò gli ebrei di Praga, ma le sue schiere vennero poi fatti a pezzi dall'esercito Ungherese. Gottschalk, giunto in Ungheria, venne all'inizio trattato con benevolenza, ma quando i suoi uomini iniziarono i saccheggi, le truppe ungheresi costrinsero i pellegrini a consegnare le armi e li massacrarono fino all'ultimo.
Ad ogni buon conto, se si sommano le vittime provocate dalla crociata dei pezzenti a quelle dei pellegrini "seguaci dell'oca" a quelle provocate dalla Prima Crociata sia dell'attraversamento dei territori della Siria a Nicea, Tarso, Edessa, Tripoli, Antiochia e infine Gerusalemme, si calcola che le persone uccise dai crociati "ufficiosi" e da quelli "ufficiali" non furono meno di 250 mila: una buona percentuale degli uccisi era ovviamente musulmana, ma la piazza d'onore se la contesero gli ebrei e i cristiani che non accoglievano da correligionari quei sedicenti soldati di Cristo che si comportavano da predoni assassini. Non vi è alcun dubbio che il sangue sparso dall'impresa fu quello del più grande massacro consumato dai tempi di Carlo Magno.

1 commento:

  1. Caro Domenico, non c'è da stupirsi se questo papà (e anche quello precedente!) non si interessi di effettivo dialogo, andando a ripescare idee medievali per le sue "lezioni magistrali"... d'altronde, come si legge chiaramente nella dichiarazione "DOMINUS IESUS", che riporto, il redattore (presente papà) e il sottoscrittore (precedente papa) dichiarano apertamento il loro piano d'azione:

    "22. Con la venuta di Gesù Cristo salvatore, Dio ha voluto che la Chiesa da Lui fondata fosse lo strumento per la salvezza di tutta l'umanità (cf. At 17,30-31). Questa verità di fede niente toglie al fatto che la Chiesa consideri le religioni del mondo con sincero rispetto [forse intendeva "sincero dispetto", nota mia], ma nel contempo esclude radicalmente quella mentalità indifferentista « improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che “una religione vale l'altra” ». Se è vero che i seguaci delle altre religioni possono ricevere la grazia divina, è pure certo che oggettivamente si trovano in una situazione gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici. Tuttavia occorre ricordare « a tutti i figli della Chiesa che la loro particolare condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati ».93 Si comprende quindi che, seguendo il mandato del Signore (cf. Mt 28,19-20) e come esigenza dell'amore a tutti gli uomini, la Chiesa « annuncia, ed è tenuta ad annunciare, incessantemente Cristo che è “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6), in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e nel quale Dio ha riconciliato a sé tutte le cose ».

    La missione ad gentes anche nel dialogo interreligioso « conserva in pieno, oggi come sempre, la sua validità e necessità ». In effetti, « Dio “vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4): vuole la salvezza di tutti attraverso la conoscenza della verità. La salvezza si trova nella verità. Coloro che obbediscono alla mozione dello Spirito di verità sono già sul cammino della salvezza; ma la Chiesa, alla quale questa verità è stata affidata [che grande onore ha questa Chiesa, depositaria della verità! nota mia], deve andare incontro al loro desiderio offrendola loro. Proprio perché crede al disegno universale di salvezza, la Chiesa deve essere missionaria ». Il dialogo perciò, pur facendo parte della missione evangelizzatrice, è solo una delle azioni della Chiesa nella sua missione ad gentes.

    [ed ecco qui la perla:] La parità, che è presupposto del dialogo, si riferisce alla pari dignità personale delle parti, non ai contenuti dottrinali né tanto meno a Gesù Cristo, che è Dio stesso fatto Uomo, in confronto con i fondatori delle altre religioni. La Chiesa infatti, guidata dalla carità e dal rispetto della libertà, dev'essere impegnata primariamente ad annunciare a tutti gli uomini la verità, definitivamente rivelata dal Signore, ed a proclamare la necessità della conversione a Gesù Cristo e dell'adesione alla Chiesa attraverso il Battesimo e gli altri sacramenti, per partecipare in modo pieno alla comunione con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. D'altronde la certezza della volontà salvifica universale di Dio non allenta, ma aumenta il dovere e l'urgenza dell'annuncio della salvezza e della conversione al Signore Gesù Cristo."

    Capito?? Quindi nella salvaguardia della libertà, la Chiesa ci deve tutti convertire e Battezzare, perchè "DEUS LO VOLT!!" (che per i classici ignoranti era il motto proprio di Pietro l'Eremita e della sua crociata!)

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